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Cattivi scienziati

Cosa non torna nella nomina della rettrice della Sapienza nella giunta e nel Consiglio di Coldiretti

Enrico Bucci

Conflitto d'interesse con l'università, mancanza di competenze legate all'agricoltura e un apposito cambio di statuto. Perché Antonella Polimeni, che guida una fra le maggiori università italiane, ha assunto un ruolo dirigenziale nell'associazione degli agricoltori pur non avendone i classici requisiti?

Qualche giorno fa, Luciano Capone ha portato all’attenzione dei lettori un fatto quanto meno curioso: dopo un apposito cambio di statuto, volto a consentire l’ingresso a soggetti che non siano coltivatori diretti, la rettrice della Sapienza, professoressa Antonella Polimeni, è entrata nel consiglio nazionale e nella giunta di Coldiretti, prima persona ad acquisire un ruolo di dirigenza senza precedenti rapporti con il mondo agricolo. La professoressa è infatti ordinaria nel settore scientifico disciplinare Med/28 - Malattie odontostomatologiche; il che, naturalmente, porta immediatamente a chiedersi quale sia il reciproco interesse che ha portato al suo ingresso in un’associazione di coltivatori.

Ma andiamo con ordine. La prima domanda che sorge spontanea riguarda il senso dell’operazione: perché chi guida una fra le maggiori università italiane assume un ruolo di dirigenza in Coldiretti, tanto più che apparentemente manca di ogni specifica competenza che possa avvicinarla al mondo dell’agricoltura? Che c’azzecca, direbbe il Di Pietro dei bei tempi? Mentre noi, invece, potremmo legittimamente chiederci: qual è il reciproco interesse, la contropartita che le parti in causa ritengono possa essere assicurata con vantaggio reciproco?

Questo primo dubbio ne porta strettamente connesso un secondo, cui si spera di avere presto risposta: la rettrice ha assunto questo nuovo incarico a titolo personale, come consulente (ed è difficile crederlo), oppure proprio in quanto rappresentante istituzionale? In entrambi i casi, comunque, si potrebbero rilevare problemi di non lievissima entità: nel primo caso, vi sarebbe un problema ovvio di compatibilità del ruolo e di eventuale trattamento economico, mentre nel secondo caso bisognerebbe capire in quale modo possa rientrare nella missione della Sapienza un ruolo direttivo in Coldiretti, e come si sia giunti a una valutazione di interesse e vantaggio pubblico di tale rilievo da impegnare un’università in un’associazione privata di natura prevalentemente economica.

Perché queste valutazioni possano compiersi fino in fondo, è necessario poi occuparsi di un terzo aspetto: quale sarebbe il ruolo specifico della rettrice in seno agli organi di dirigenza di Coldiretti? Vigilanza, controllo, gestione o cosa? In qualunque opzione, la compatibilità con il suo ruolo universitario va ovviamente esplorato a fondo, visti anche le numerose occasioni di potenziali conflitti di interesse, inerenti sia alla sfera privatistica che a quella amministrativa e pubblica. Su questo punto, quello del conflitto di interesse, vale la pena di insistere: il codice etico della Sapienza, all’art. 29, riporta infatti che “ferme restando le attività incompatibili con lo status di professore o ricercatore di Sapienza, in regime a tempo pieno, di cui alle specifiche disposizioni regolamentari, i professori e i ricercatori, indipendentemente dal regime di impegno, non possono svolgere attività che possano determinare situazioni di conflitto di interessi, anche potenziale, con Sapienza”. 

A questo proposito, Luciano Capone, ha già sottolineato il paradosso di schierarsi con le bandierine gialle contro EFSA, una delle più importanti istituzioni scientifiche europee e fra le poche nel nostro paese; ma il punto riguarda anche specificamente la situazione di specifico conflitto di interesse che si genera, come potrà ben spiegare alla rettrice la professoressa Alessandra Gentili, professore ordinario di chimica analitica alla Sapienza e membro del network scientifico Sapienza-EFSA. E sempre a proposito di potenziali conflitti di interesse fra l’Università che la rettrice guida e Coldiretti: il professore ordinario di Fisiologia Fabio Babiloni, esattamente un anno fa, in un convegno dedicato alla carne coltivata presso il Senato della Repubblica, tuonò contro quello che giustamente definì il “marketing della paura” in campo alimentare; ed egli solleva la sua autorevole voce proprio dalla Sapienza. Come si troverà con una rettrice fra i dirigenti di quell’associazione che ha definito “carne Frankenstein” quel prodotto, fino ad arrivare, per tramite del ministro Lollobrigida, alla paradossale proibizione di qualcosa che nemmeno è ancora stato valutato dalla UE?

Intendiamoci bene: una volta che si sia risposto alle domande con cui si apre questo breve articolo, ogni singola istanza di potenziale conflitto di interesse potrebbe essere gestita ad-hoc; tuttavia, i due esempi appena fatti, cui sarebbe possibile aggiungerne molti altri (per esempio, considerando il settore delle biotecnologie vegetali) illustrano un problema generale: quello di entrare fra i dirigenti di un’associazione che ha spesso assunto e tuttora mantiene posizioni che sono all’opposto di quelle della comunità scientifica, inclusa quella che insegna e fa ricerca presso la Sapienza, determinando ovviamente un conflitto fra la missione istituzionale dell’università e quella della dirigenza di Coldiretti di cui la rettrice è entrata a far parte.

La cosa, forse, può essere ancora più evidente facendo un esempio ipotetico: se un rettore o una rettrice entrassero in Farmindustria, sarebbe logico attendersi una rumorosa e generalizzata opposizione, perché la percezione del potenziale conflitto fra la missione di una pubblica università e quella di un’associazione privata di produttori di farmaci sarebbe immediata. Perché, invece, se si producono ortaggi invece di farmaci si dovrebbe attenuare il pericolo di questo contrasto?

In sostanza, se ci si pensa un attimo, qualunque sia il modo in cui la rettrice diventa dirigente di Coldiretti, avrà pure degli obblighi e dei doveri nei confronti di questa associazione, a tutela degli interessi anche economici di quella; e siccome più volte tali interessi hanno evidentemente conflitto con quelli della pubblica ricerca, come nel caso degli OGM, della carne coltivata, del ruolo di EFSA e in mille altri, come saranno gestiti gli inevitabili conflitti?

Forse arriveranno molte ed esaustive risposte alle domande che qui mi pongo insieme ai lettori, e forse si chiariranno anche eventuali altri dubbi, qui non ripresi; oppure dovremmo assistere allo strano spettacolo di una rettrice/dirigente, che inveirà contro EFSA a Parma, e magari loderà il network Sapienza-EFSA a Roma.