Bloccati sulla Stazione spaziale: non è per forza una brutta notizia
A giugno, la capsula Starliner di Boeing ha trasportato in orbita degli esseri umani per la prima volta, ma ora sembra non essere più in grado di riportarli sulla Terra. La straordinaria vita della pilota collaudatrice Sunita Williams
A bordo della Stazione spaziale internazionale il 6 giugno scorso sono arrivati due astronauti, Sunita Williams e Butch Wilmore, con il compito di testare tutte le operazioni, funzioni e modalità di viaggio della capsula Starliner di Boeing, il loro mezzo di trasporto. Era la prima volta che questa capsula trasportava in orbita degli esseri umani, ma ora sembra non essere più in grado di riportarli a Terra. Dopo oltre due mesi, Boeing non ha ancora capito perché alcuni propulsori non hanno funzionato correttamente durante l’attracco della capsula con la Stazione spaziale, e ora la Nasa non si fida ancora a far tornare i due astronauti con lo stesso mezzo: in campo c’è un piano B, aspettare l’arrivo della prossima capsula Dragon di SpaceX, a fine settembre, e poi tornare a terra con quella, quando avrà finito la sua missione di sei mesi. Vorrebbe dire aspettare fino a febbraio 2025.
L’inconveniente però, potrebbe non spaventare cosi tanto i due astronauti Starliner, soprattutto una, Sunita Williams, astronauta Nasa che impersona perfettamente lo stereotipo di supereroe spesso associato a questi uomini e donne, quello che ci porta a sognare, da bambini, di diventare astronauti. Classe 1965, Sunita Lyn Pandya, che ha acquisito il cognome Williams dal marito, è già salita sulla Stazione spaziale internazionale due volte, prima viaggiando con lo Space Shuttle nel 2007, poi con la capsula Soyuz nel 2012. È stata in orbita un totale di 387 giorni, finora, e all’esterno della Stazione, impegnata in attività extraveicolari, un totale di 50 ore. Ma definirla con questi numeri, seppur incredibili, non le rende ancora onore.
Nel 2007 l’astronauta è stata la prima persona nella storia a correre una intera maratona nello spazio, 42 chilometri e 195 metri agganciata a un macchinario e a un tapis roulant che simulava la gravità terrestre. Era iscritta alla maratona di Boston, e completò la distanza in quattro ore e 24 minuti. L’anno dopo, tornata sulla Terra, corse la vera maratona di Boston, completandola di nuovo. Cinque anni dopo, tornata sulla Stazione spaziale, fu la prima persona nella storia a completare una gara di triathlon, simulando una corsa in bici e una in acqua con appositi macchinari, oltre alla distanza da correre a piedi. Ancora una volta un record.
Sunita era stata selezionata nel 2015 per volare con Starliner in una futura missione, ma dopo la defezione di tre astronauti, è stata spostata a questo primo volo di prova; un compito perfetto per lei, che prima di diventare astronauta nel 1998 era pilota collaudatore della Marina americana. Dopo quasi due decenni da astronauta sarebbe tornata a fare quello per cui aveva intrapreso la sua carriera militare, testare un nuovo mezzo, semplicemente non più un elicottero o un aereo, ma una capsula spaziale. Sono nove anni che Sunita Williams aspettava il suo volo, che forse sarà l’ultimo nello spazio della sua carriera.
L’immagine emblematica dell’astronauta, di origini indiane da parte di padre e slovene da parte di madre, quando è entrata nella Stazione spaziale internazionale il 6 giugno scorso, dopo un volo di circa 30 ore, rimarrà impressa nella memoria di molti. Nessuna formalità, nessuna serietà, ma una felicità fanciullesca dopo il lungo volo di prova. E in fondo “bloccati sulla Stazione spaziale internazionale” non è proprio una definizione corretta per questi astronauti, che lavorano anni, se non decenni per prepararsi a una missione che potrebbe durare pochi giorni, o mesi, ma che è comunque la loro missione. Un’occasione che proprio come per gli atleti olimpionici che in questi giorni competono a Parigi e che probabilmente Sunita Williams segue, può capitare una manciata di volte nella vita. E perché no, se l’esperienza si allunga, per quanto rischiosa, frustrante e stressante, è giusto anche accoglierla e sfruttarla al massimo.
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