cattivi scienziati
Da dove arriva il virus Mpox e perché l'indice di letalità preoccupa l'Oms
Il nuovo ceppo di vaiolo delle scimmie è stato registrato in Svezia, per la prima volta fuori dai confini del continente africano. Molte cose restano da capire, come il meccanismo e l’efficienza di propagazione del virus e l'efficacia dei vaccini
Il virus Mpox, ritiratosi in Africa dopo la pandemia del 2022, non ha finito di evolvere e di diffondersi; nel 2023, oltre 15.000 casi di infezione confermata o sospetta sono stati dichiarati da diversi stati africani, in aumento rispetto agli anni precedenti. Nel 2024, i paesi africani hanno già segnalato più infezioni confermate e sospette di Mpox che in tutto il 2023: 17.500 a partire dall’inizio dell’anno, concentrati in gran parte nella Repubblica Democratica del Congo. I bambini sono particolarmente vulnerabili: circa due terzi delle infezioni in Congo riguardano persone di età inferiore ai 15 anni. Alcune di queste infezioni sono state ricondotte a un ceppo chiamato clade II, che ha causato l'epidemia del 2022; negli ultimi mesi, tuttavia, una percentuale crescente di infezioni segnalate è stata attribuita a un ceppo chiamato clade I. Per decenni, il clade I ha causato piccole epidemie nell'Africa centrale, spesso limitate a poche famiglie o comunità; ma i ricercatori che hanno analizzato campioni raccolti tra la fine del 2023 e l'inizio del 2024 in una regione mineraria e molto povera del Congo, ove è in corso una recrudescenza particolarmente sostenuta, hanno trovato una nuova variante del clade I.
Questa variante è con buona probabilità già trasmissibile da uomo a uomo, avendo quindi superato lo stadio di zoonosi: la principale traccia di questa trasmissione, ovvero un’accentuata mutazione del genoma virale dovuta all’azione di un particolare enzima umano che aggredisce il virus, è stata trovata a frequenza molto alta nel nuovo virus, così che la trasmissione da uomo a uomo deve essere già sostenuta, in coerenza con la crescita veloce del numero di casi. Ora, la letalità sin qui misurata sui casi certi di infezione da virus Mpox del clade I è molto superiore a quella del clade II, il virus del 2022. Nel caso del nuovo virus Ib, sui casi confermati sin qui la letalità misurata è del 3,4 per cento, ma bisogna considerare sia che il campione di soggetti esaminato nei lavori pubblicati è ristretto, sia soprattutto che la letalità non dipende solo da intrinseche capacità del virus, ma anche dalle condizioni generali di salute e assistenza sanitaria dei malati, particolarmente precarie proprio nella regione del Congo più colpita. Peraltro, la ragione meccanicistica della maggior letalità dei virus del clade I rispetto a quelli del clade II non è nota, per cui è necessario attendere dati e studi migliori in merito.
Più interessante è il fatto che, al momento, l’origine di questo nuovo virus non è nota: è comparso improvvisamente in Congo, per quel che appare dai dati non prima del luglio 2023, e presenta ancora un’elevata uniformità genetica, a dimostrazione che siamo davanti a uno dei numerosi focolai locali nel ribollire di varianti Mpox in un bacino più ampio. Il nuovo virus presenta una delezione di circa un migliaio di basi nel suo DNA, che rende inefficaci molti dei test di PCR standard usati per la sua ricerca: questo potrebbe spiegare la sua “improvvisa” comparsa e il fatto che abbia potuto propagarsi “sotto il radar” per mesi.
La nuova variante si sta propagando velocemente, con il primo caso extracontinentale già identificato in Svezia; trattandosi di un virus capace di dare una patologia severa e dalla letalità potenzialmente elevata, l’OMS ha suonato l’allarme a ragion veduta, in modo da attivare tutte le procedure burocratiche per tamponare l’emersione di una possibile pandemia, proprio come già fatto (con maggior ritardo, per quel che finora sappiamo) nel 2022. Questo ha già permesso di destinare milioni di dollari alla nuova emergenza, sia per il monitoraggio, sia per la preparazione di scorte di vaccino. Anche se non è ancora stata determinata l’efficacia dei vaccini disponibili contro la nuova variante, ci si aspetta che essi funzionino, e già dal 2022 aziende come Moderna stanno preparando nuovi vaccini a RNA, i quali possono essere adattati più velocemente a ogni nuova variante.
Ciò che oggi serve sono dati: sul meccanismo e sull’efficienza di propagazione del virus, sull’efficacia dei vaccini vecchi e nuovi, sulla clinica e sulla diagnostica. Soprattutto, serve una mentalità nuova: altri virus arriveranno, e questo è solo uno dei nuovi pacchetti di informazione genetica parassita che l’evoluzione ha in serbo per noi. Oggi possiamo individuarli per tempo, leggere nel loro genoma, copiare proprio il prodotto della loro evoluzione e così ottenere vaccini (e fra non molto farmaci) basati su RNA, in grado di inseguire l’evoluzione alla sua stessa velocità.
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