Cattivi scienziati
La nascita dell'irrazionalismo globale
La frammentazione del sapere e la diffusione massiva dell'informazione attraverso i media digitali ha portato alla nascita del nuovo irrazionalismo, nato come reazione alla crisi del razionalismo moderno.
L'irrazionalismo globale che oggi vediamo prosperare ha radici profonde in una serie di trasformazioni culturali, economiche e politiche che si sono accumulate negli ultimi decenni. Esso è nato come risposta e talvolta reazione alla crisi del razionalismo moderno, inteso come pilastro dell'Illuminismo e della scienza. La disillusione verso le promesse di progresso illimitato, la crescente complessità delle società contemporanee e la perdita di fiducia nelle istituzioni hanno creato un vuoto, presto colmato da nuove forme di irrazionalismo. Queste ultime si manifestano sotto forma di misticismo, revival religioso, credenze pseudoscientifiche e, più recentemente, teorie del complotto globali.
Il nuovo irrazionalismo si è fatto strada grazie anche alla frammentazione del sapere e alla diffusione massiva dell'informazione attraverso i media digitali. La proliferazione di contenuti frammentati e spesso privi di rigore ha alimentato l'idea che tutte le opinioni abbiano lo stesso valore, indipendentemente dal loro fondamento fattuale. Ciò ha ulteriormente eroso la capacità delle persone di distinguere tra conoscenze basate su evidenze e narrazioni manipolatorie. L'ascesa del neoliberismo, con la sua enfasi sull'individualismo e sulla deregolamentazione, ha contribuito a indebolire il ruolo delle istituzioni educative e culturali come baluardi del pensiero critico. Al loro posto, sono emersi leader e movimenti che sfruttano l'irrazionalismo per consolidare il proprio potere, facendo leva sulle emozioni piuttosto che sulla ragione. La conseguente ascesa di élite politiche e industriali che sfruttano il nuovo irrazionalismo globale è uno dei fenomeni più preoccupanti del nostro tempo, segnato da una manipolazione sistematica dell'informazione, un uso strategico del cospirazionismo e un progressivo discredito delle basi del pensiero razionale. Esempi di questa dinamica si osservano in figure come Donald Trump, che ha fatto leva su teorie del complotto per consolidare il proprio potere, o Elon Musk, il cui utilizzo delle piattaforme social per polarizzare l’opinione pubblica riflette l’intenzionalità di queste strategie. In Germania, l’AfD sfrutta retoriche divisive e complottiste per guadagnare consenso, mentre in Austria Herbert Kickl utilizza l’irrazionalismo per alimentare l’opposizione alle misure sanitarie e alle politiche migratorie. Tuttavia, anche nella sinistra si manifestano tendenze irrazionali, come l’adesione a movimenti New Age o credenze pseudoscientifiche, come la biodinamica, l'omeopatia, l'opposizione al nucleare e agli OGM, l'ambientalismo romantico-irrazionale (ben diverso dall'ecologismo scientifico), spesso vengono promosse senza un solido fondamento scientifico e contribuiscono a indebolire l'adozione di soluzioni razionali e innovative a problemi complessi, che minano la coerenza di un pensiero critico autentico e contribuiscono alla frammentazione del discorso pubblico. Questo irrazionalismo, lungi dall’essere un semplice ritorno al passato, rappresenta una strategia sofisticata, alimentata da strumenti tecnologici avanzati e progettata per distogliere l'attenzione dai reali centri di potere e frammentare il tessuto sociale.
La disinformazione è il perno di questa strategia. Attraverso il controllo diretto o indiretto dei media tradizionali e l’uso massiccio delle piattaforme digitali, le élite distorcono i fatti, manipolano le percezioni e costruiscono narrazioni che polarizzano l’opinione pubblica. Le piattaforme sociali, in particolare, fungono da amplificatori di contenuti manipolatori, sfruttando algoritmi progettati per massimizzare l’engagement senza alcuna considerazione per la veridicità delle informazioni. Questo ha reso possibile la diffusione virale di teorie del complotto e false narrazioni, che trovano terreno fertile in un pubblico già disorientato dall’eccesso di informazioni e dalla complessità dei problemi globali.
Il cospirazionismo svolge un ruolo centrale in questa dinamica, trasformandosi in uno strumento politico e sociale per manipolare le masse. Attraverso la costruzione di nemici immaginari e l’attribuzione di eventi complessi a trame occulte, si genera un clima di sospetto generalizzato. Questo non solo distoglie l’attenzione dai reali problemi, ma legittima una visione del mondo in cui ogni verità ufficiale è percepita come il prodotto di inganni. Le conseguenze di questa polarizzazione sono profonde: la società si frammenta, i legami sociali si indeboliscono e il dibattito pubblico diventa impraticabile.
L’attualità fornisce numerosi esempi di questa strategia in azione. Durante la pandemia di COVID-19, per esempio, abbiamo assistito a un'esplosione di teorie del complotto, dall’origine del virus alle campagne contro i vaccini, che hanno minato la fiducia nella scienza e nelle istituzioni. Questo è avvenuto in parallelo a campagne deliberate per politicizzare la crisi sanitaria, utilizzando la paura e la confusione per rafforzare il consenso attorno a determinati leader o movimenti. Allo stesso modo, la crisi climatica, che richiederebbe risposte coordinate e basate su dati scientifici, è stata oggetto di distorsioni narrative che negano l’urgenza del problema o addirittura la sua esistenza.
Questo irrazionalismo non è casuale: esso rappresenta una strategia deliberata per proteggere interessi consolidati che sarebbero difficilmente giustificabili in un contesto di trasparenza e razionalità. Molti dei temi distorti dalla disinformazione, infatti, toccano settori economici e politici dove prevalgono potenti interessi oligarchici. La negazione del cambiamento climatico, per esempio, non è solo il prodotto di una cattiva informazione, ma una campagna intenzionale finanziata da industrie che traggono profitto dall’inazione. Similmente, l’antivaccinismo è stato cavalcato per delegittimare governi o istituzioni scientifiche.
Un aspetto paradossale di questo nuovo irrazionalismo è che si manifesta in un’epoca di straordinario progresso tecnologico e scientifico. Internet e i social media, che avrebbero dovuto democratizzare l'accesso all'informazione, sono stati trasformati in strumenti di manipolazione e frammentazione. Questo riflette una dinamica più ampia: l’uso della tecnologia non per elevare la consapevolezza collettiva, ma per amplificare disuguaglianze e consolidare il potere.
Sarebbe ovviamente indispensabile una maggiore regolamentazione delle piattaforme digitali, che devono assumersi la responsabilità per il ruolo che svolgono nella diffusione della disinformazione. Tuttavia, recentissimi annunci, come quello di Mark Zuckerberg sull'abbandono delle attuali policies di moderazione dei contenuti su Facebook, mostrano come si stia andando nella direzione opposta. Questo implica non solo modifiche agli algoritmi, ma anche l'abbandono di modelli di business che privilegino la qualità e l'affidabilità delle informazioni rispetto alla quantità di interazioni, che sono riconosciute come la vera e unica fonte di guadagno.
In realtà, per affrontare questa deriva, è necessario ripensare i fondamenti del discorso pubblico e dell'educazione, almeno finché esiste ancora una pubblica educazione. La scuola, a tutti i livelli, è la vera soluzione: essa rappresenta l'unico strumento capace di formare cittadini critici e consapevoli, in grado di distinguere tra fatti e manipolazioni. Deve essere promossa un'educazione che non si limiti alla trasmissione di nozioni, ma che sviluppi competenze analitiche e una profonda comprensione della complessità contemporanea. Deve essere insegnato nelle scuole e promosso in politica il rigetto dell'irrazionalismo, mostrando in modo chiaro e documentato a cosa porta l'abbandono del pensiero logico e scientifico. La storia offre numerosi esempi in cui ideologie mistiche e cospirative hanno favorito la caduta della democrazia e l'ascesa di regimi autoritari.
Allo stesso tempo, è più che mai necessario che inizi una vera resistenza organizzata contro le correnti irrazionali di questi decenni. Questo non deve limitarsi a sporadiche denunce, ma richiede uno sforzo collettivo, strutturato e determinato. È fondamentale creare reti di cittadini, educatori, scienziati e attivisti che collaborino per smascherare e combattere le tossine dell’irrazionalismo globale. Ogni cittadino consapevole deve sentirsi investito della responsabilità di promuovere il pensiero critico, sia attraverso il confronto diretto con chi diffonde disinformazione sia attraverso la condivisione di risorse che aiutino a riconoscere e smontare le narrazioni false. Inoltre, è cruciale che istituzioni educative, media indipendenti e organizzazioni civili si impegnino a costruire una contro-narrazione potente, capace di spiegare in maniera chiara e documentata i pericoli dell’irrazionalismo e l’agenda politica che si cela dietro di esso. Campagne pubbliche, eventi informativi e iniziative sociali devono essere al centro di questo sforzo, puntando a sensibilizzare sia le nuove generazioni che gli adulti. Le piattaforme digitali, oggi terreno fertile per la disinformazione, possono essere trasformate in arene di educazione e resistenza, attraverso l’utilizzo consapevole di strumenti di comunicazione per diffondere conoscenza e favorire il dialogo razionale.
L’irrazionalismo non è solo una questione di false credenze: è un attacco alla capacità delle società di governarsi attraverso il dialogo, il confronto e la partecipazione informata. Contrastare questo fenomeno significa riaffermare i principi di trasparenza, responsabilità e inclusione che sono alla base di una società aperta. Ogni cittadino, ogni educatore, ogni politico deve riconoscere la gravità della situazione e agire per preservare la razionalità come fondamento della convivenza civile. Solo così sarà possibile resistere a una deriva che rischia di compromettere irreversibilmente la nostra capacità di affrontare le sfide globali con lucidità e coesione.
Da questa pagina e da questo giornale, finché è possibile, noi faremo la nostra parte.