
cattivi scienziati
La Puglia è prima al mondo: screening genetico neonatale per tutti
Dal primo aprile 2025, diagnosi gratuite per i nuovi nati. È il programma "Genoma-Puglia", con un investimento di 5 milioni di euro. Identificate già 171 malattie nei primi mesi di sperimentazione. Intercettare prima per curare meglio: un diritto, non un privilegio
Ci sono decisioni politiche che non solo migliorano la vita dei cittadini, ma segnano un punto di svolta nella storia della sanità pubblica. In questo senso, la Puglia ha appena fatto qualcosa di straordinario: dal primo aprile 2025, diventerà la prima regione al mondo a offrire uno screening genetico neonatale esteso a tutti i nuovi nati, gratuitamente e come parte integrante del proprio servizio sanitario. È una rivoluzione che ha radici profonde nella scienza, e che restituisce dignità, speranza e futuro alle famiglie.
Il programma si chiama Genoma-Puglia. La fase sperimentale è già stata completata, con risultati che parlano da soli. A guardare i numeri, si capisce subito che non si tratta di un progetto simbolico, ma di un autentico salto di paradigma. Alla data del 21 marzo 2025, lo screening genetico neonatale esteso realizzato in Puglia ha analizzato 4.421 campioni, e ha già identificato 171 casi di malattia genetica, pari al 3,9% dei neonati esaminati. Non si parla di predisposizioni o di rischi teorici: si tratta di diagnosi concrete, su bambini altrimenti considerati sani, che potranno ora accedere a cure, sorveglianza e prevenzione fin dalla nascita.
Il gruppo più numeroso è rappresentato dalle malattie del sangue, con 85 casi, pari a quasi la metà del totale. In questo ambito rientrano patologie come il deficit di G6PD, che rende i globuli rossi più fragili e soggetti a emolisi; l’emofilia (mutazioni nel gene F8), che causa sanguinamenti frequenti e potenzialmente pericolosi; e le anemie ereditarie come la Talassemia (gene HBB) o l’Anemia di Fanconi (gene FANCG), che possono richiedere trasfusioni, terapie geniche o trapianti. Diagnosi precoci di questo tipo cambiano radicalmente il destino clinico del paziente.
Seguono le malattie del metabolismo, con 38 casi (22%). In questa categoria troviamo condizioni gravi ma spesso trattabili se riconosciute in tempo, come la fenilchetonuria (gene PAH), che può provocare danni neurologici se non trattata con una dieta specifica; l’ipercolesterolemia familiare (gene LDLR), responsabile di un aumento precoce del rischio cardiovascolare; la galattosemia (gene GALT), che impedisce di metabolizzare correttamente il galattosio; e il deficit di biotinidasi (gene BTD), che può provocare danni neurologici e cutanei, ma risponde bene alla supplementazione.
Le malattie del cuore e dei vasi sanguigni rappresentano 13 casi (7,5%). Sono spesso silenziose alla nascita, ma talvolta letali se non individuate. Lo screening ha rilevato mutazioni in geni come SCN5A, KCNQ1 e RYR2, che predispongono ad aritmie gravi e morte improvvisa in età neonatale o pediatrica. La diagnosi precoce consente monitoraggi mirati e l’eventuale impianto di dispositivi salvavita.
Anche le malattie neuromuscolari sono emerse in 11 neonati (6,4%). In particolare, sono state rilevate mutazioni nei geni RYR1 e DOK7, associati a patologie congenite che compromettono la funzione motoria e muscolare. In questi casi, l’intervento precoce può rallentare la progressione della malattia e migliorare lo sviluppo motorio con terapie fisiatriche o farmacologiche.
Le malattie del sistema nervoso, presenti in 2 casi (1,2%), includono epilessie genetiche e disturbi del trasporto del glucosio nel cervello (mutazioni in KCNQ2 e SLC2A1). Anche qui, una diagnosi tempestiva consente di prevenire danni irreversibili attraverso l’adozione di diete specifiche o farmaci antiepilettici mirati.
Ci sono poi 16 casi (9,4%) classificati come “altri”, ma non per questo meno importanti. Includono la fibrosi cistica (gene CFTR), una malattia cronica e grave che colpisce polmoni e apparato digerente; mutazioni in BRCA2, associate a rischio aumentato di tumori ereditari; malattie endocrine e forme di sordità genetica legate a mutazioni nel gene GJB2.
Un aspetto ancora più ampio riguarda le persone portatrici sane, che non sviluppano la malattia ma possono trasmetterla ai figli. Lo screening ha identificato 160 neonati portatori di mutazioni CFTR, numero che sale a 290 (6,6%) se si includono anche varianti meno gravi. Inoltre, 210 bambini (4,8%) sono risultati portatori di mutazioni legate alla sordità (GJB2), e 190 (4,3%) portano mutazioni beta-talassemiche.
Infine, è importante sottolineare che i risultati ottenuti sono stati validati anche da analisi indipendenti. Su 14 neonati già sospettati di avere malattie metaboliche, lo screening genetico ha confermato tutte le diagnosi: 5 casi di fenilchetonuria, 6 di deficit di biotinidasi, e 3 casi distribuiti su altre malattie rare (GLA, ACADM, ACADS).
Malattie spesso rare, ma non per questo meno gravi o meno curabili, a patto che siano diagnosticate tempestivamente. Ecco il senso profondo di questa scelta: intercettare precocemente ciò che altrimenti verrebbe scoperto troppo tardi, o mai.
Il cuore operativo del progetto è stato il Laboratorio di Genetica Medica dell’Ospedale Di Venere di Bari, diretto dal dottor Mattia Gentile, che ha guidato lo sviluppo e l’implementazione dello screening. Un ruolo fondamentale è stato svolto dall’assessore al bilancio Fabiano Amati, tra i principali promotori dell’iniziativa e da sempre attento alla voce della scienza su questioni diverse, insieme all’assessore alla sanità Raffaele Piemontese, che hanno presentato ufficialmente l’avvio del programma, oggi che è terminata la sua fase sperimentale.
L’investimento è stato di 5 milioni di euro, stanziati per rendere il test genetico accessibile a tutte le famiglie, senza distinzione. Non si tratta solo di un esempio di eccellenza sanitaria, ma anche di una scelta di civiltà e di equità: perché non è accettabile che un diritto alla diagnosi precoce dipenda dalla possibilità economica di accedere a costosi test privati.
La Puglia dimostra così che è possibile coniugare innovazione scientifica e sanità pubblica. Ed è difficile non ripensare, per contrasto, al caso della Xylella, in cui la scienza fu ignorata, osteggiata, screditata. Allora fu il tempo della paura e del sospetto, del danno irreversibile a un intero ecosistema agricolo. Oggi è il tempo della fiducia nella conoscenza, del coraggio politico che mette al centro la salute delle persone.
Seguire la scienza non significa rinunciare al dibattito, ma riconoscere che la competenza, quando c'è, deve guidare le scelte pubbliche. E quando questo accade, come in questo caso, i risultati non sono solo statistiche: sono bambini che avranno una vita diversa, famiglie che avranno risposte, medici che potranno agire in tempo. È una grande notizia, e un esempio per tutti.