
Patrick Morrisey, governatore repubblicano del West Virginia
Cattivi scienziati
La lezione del West Virginia sui vaccini
Se si tratta di proteggere bambini, non c'è ideologia che tenga
Nonostante il sostegno del governatore e di alcune frange repubblicane, lo stato blocca il disegno di legge che avrebbe portato più esenzioni dalle vaccinazioni. Segno che quando si parla di salute pubblica, nemmeno i legislatori più conservatori possono permettersi di ignorare i dati
La West Virginia è uno dei pochi stati Usa dove l’unico motivo di esenzione dalla vaccinazione per i bambini in età scolare è una ragione medica. Per questo motivo, da molto tempo è nel mirino della lobby antivaccinista, che cerca di slabbrare le maglie della legislazione vigente, provando a introdurre l’esenzione per motivi religiosi, filosofici e personali.
In un'America dove il dibattito sui vaccini è diventato una bandiera ideologica più che una questione di salute pubblica, la West Virginia ha appena dato una lezione a molti altri stati repubblicani: quando si tratta di proteggere i bambini dalle malattie, perfino un governo a schiacciante maggioranza conservatrice può riconoscere che c'è un limite alla libertà individuale. La Camera dei Delegati, composta da 9 Democratici e 91 Repubblicani, con una netta maggioranza di 56 voti contro 42, ha respinto un disegno di legge che avrebbe introdotto esenzioni religiose e filosofiche dalle vaccinazioni obbligatorie per gli studenti. Un colpo non da poco per il governatore repubblicano Patrick Morrisey, che aveva fatto del provvedimento una priorità della sua agenda. Ma la realtà epidemiologica ha prevalso sulla propaganda.
Il sistema vaccinale della West Virginia è tra i più rigidi degli Stati Uniti: lo stato è uno dei pochi a non consentire esenzioni per motivi religiosi o personali, permettendole solo per reali ragioni mediche. Ed è proprio questo rigore che ha permesso alla West Virginia di mantenere tassi di vaccinazione elevati e di evitare le epidemie che stanno colpendo altri stati più permissivi. Il disegno di legge respinto avrebbe cambiato questa politica, aprendo la porta a una maggiore diffusione delle esenzioni e, con esse, al rischio di focolai di malattie ormai sotto controllo. Nonostante il forte sostegno del governatore e di alcune frange del partito repubblicano, l’opposizione bipartisan ha prevalso, segno che quando si parla di salute pubblica, nemmeno i legislatori più conservatori possono permettersi di ignorare i dati.
Il dibattito è stato acceso. I sostenitori del provvedimento hanno invocato la libertà religiosa, sostenendo che lo Stato non dovrebbe obbligare le famiglie a vaccinare i propri figli contro le loro convinzioni. La delegata Kathie Hess Krouse, repubblicana della contea di Putnam, ha riassunto questa posizione in un modo che credo sia esemplare: "Al centro di questa legge c'è un principio semplice ma potente: i genitori meritano il diritto di prendere decisioni mediche per i loro figli senza coercizione. Questi sono i loro figli, non dello Stato."
E’ una retorica che fa gran presa, ma alla quale si potrebbe rispondere specularmente che i bambini e i genitori non sono solo una famiglia, ma anche cittadini di uno stato, e hanno quindi in quanto tali anche dei doveri verso la comunità, e non solo dei diritti e delle libertà garantite. Se dunque la tutela della salute della collettività è un bene, gli argomenti individualisti devono cedere il posto non alla ragion di stato, che di per sé non esiste, ma agli argomenti scientifici, che infatti gli oppositori della proposta di legge hanno subito messo in campo: concedere esenzioni indiscriminate o facilmente ottenibili significa abbassare l’immunità di gregge e mettere a rischio la vita dei più vulnerabili.
Il momento storico non ha inoltre giocato a favore dei promotori della legge: mentre il disegno di legge veniva discusso, il paese assisteva a un aumento dei casi di morbillo, una malattia che si pensava ormai sotto controllo grazie ai vaccini, ma che sta tornando proprio a causa dell’espansione delle esenzioni e delle minoranze religiose, che pretendono l’esenzione, in cui sono partiti i primi focolai.
Ciò che rende la decisione della West Virginia ancora più significativa è il suo contrasto con l'ondata di deregolamentazione che ha investito altri stati controllati dai repubblicani, dove la retorica della "libertà medica" è diventata un mantra per giustificare la riduzione delle vaccinazioni obbligatorie. Il fatto che uno stato come la West Virginia, con una lunga tradizione di governo conservatore e una base elettorale fortemente repubblicana, abbia scelto di mantenere salde le proprie regole dimostra che non tutto il partito è disposto a sacrificare la salute pubblica sull’altare dell’ideologia.
Non è solo una questione di politica: è anche una questione di logica. La West Virginia ha visto cosa accade quando si allentano le restrizioni, con stati vicini che hanno registrato un aumento delle esenzioni e, di conseguenza, dei casi di malattie prevenibili. La popolazione, abituata a una legislazione severa sulle vaccinazioni, non ha mostrato grande entusiasmo per il disegno di legge, e molti legislatori repubblicani hanno preferito schierarsi con la scienza piuttosto che con il fanatismo ideologico. In questo senso, il voto non è stato solo un rifiuto di una cattiva politica, ma anche un segnale forte all'interno dello stesso partito repubblicano: c'è un limite oltre il quale la battaglia per la libertà individuale diventa un rischio collettivo inaccettabile.
Per Patrick Morrisey, il voto rappresenta una sconfitta imbarazzante. Il governatore aveva cercato di far passare la legge come una questione di diritti individuali, ma ha finito per trovarsi isolato persino tra i suoi. La sua amministrazione dovrà ora fare i conti con il fatto che nemmeno in una delle roccaforti repubblicane per eccellenza c’è voglia di compromettere decenni di successi nella prevenzione delle malattie infettive. È una lezione che altri stati, forse, farebbero bene a imparare.



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