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Cattivi scienziati

Dispositivi medici e codice Udi: gli obblighi normativi e le zone d'ombra legislative

Enrico Bucci

Un confronto che chiarisce i limiti e le eccezioni dell’obbligo di tracciabilità dei dispositivi medici, evidenziando le criticità di una normativa ancora in transizione. A rischio, la trasparenza e la sicurezza per i pazienti 

Quando qualcuno dei miei scritti su questa rubrica sollecita una reazione da parte di esperti della materia, non vi è soddisfazione più grande di poter ampliare la discussione iniziale, con ulteriori approfondimenti e chiarimenti, che aiutino i lettori a farsi una miglior idea dell’argomento in discussione. È per questo che con enorme piacere riporto qui di seguito una lettera dell’ing. Francesco Ambrosio, che ho ricevuto a seguito dell’ultimo mio scritto inerente il problema della certificazione dei dispositivi medici, in particolar modo presso gli studi privati di medicina estetica.

Così mi scrive l’ingegnere:

“Gentile prof. Bucci, ho letto con molto interesse il suo articolo, sull’obbligo di tracciabilità dei dispositivi medici tramite sistema Udi. La tematica è di grande rilevanza, sia per i professionisti del settore e sia per i pazienti, in quanto tocca aspetti cruciali inerenti la sicurezza, la trasparenza e la responsabilità nell’uso dei dispositivi sanitari, e meriterebbe anche ulteriori approfondimenti come ad esempio il portale Eudamed, purtroppo, ancora non del tutto funzionante, e le varie banche dati nazionali. Vorrei, tuttavia, segnalare che, accanto all’obbligo vigente di registrazione elettronica dell’Udi, vi sono attualmente dispositivi medici presenti sul mercato che, in base alla normativa europea, non sono soggetti a tale obbligo, in virtù di specifiche proroghe previste dal Regolamento (Ue) 2017/745. In particolare, l’articolo 120 del succitato regolamento, come modificato dai recenti aggiornamenti normativi, consente la commercializzazione di dispositivi medici con certificazioni rilasciate secondo le precedenti direttive (90/385/CEE o 93/42/CEE), fino al 31 dicembre 2027 o 2028, a seconda della classe del dispositivo. Non scendo, però, nel dettaglio dei vincoli a cui essi devono sottostare. Tali dispositivi, pur essendo perfettamente legali e conformi alla normativa europea, non sono obbligati ad avere l’Udi, previsto dal nuovo regolamento. Pertanto, è importante ricordare che l’assenza del codice UDI, in certi casi, non implica una violazione normativa, ma può semplicemente derivare dall’applicazione delle proroghe, transitorie, concesse a livello europeo, proprio per garantire una transizione ordinata tra vecchia e nuova regolamentazione (oggetto, tra l’altro, della recente proposta di risoluzione comune sulla necessità urgente di rivedere il regolamento sui dispositivi medici 21.10.2024 - (2024/2849(RSP)).

Ritengo utile, quindi, integrare la riflessione già avviata nell’articolo, aggiungendo questo elemento di contesto, così da offrire una panoramica più ampia del quadro attuale. Solo una lettura completa del Regolamento può infatti guidare correttamente le scelte operative degli operatori sanitari, degli organismi di vigilanza e dei cittadini, siano essi pazienti o meno. Desidero esprimerle il mio apprezzamento per aver sollevato una questione di fondamentale importanza per il futuro della sanità. Rimango a disposizione per ulteriori approfondimenti sul tema dei Dispositivi Medici.” In sostanza, ci riferisce l’ing. Ambrosio, esiste un vasto parco di dispositivi medicali che, vuoi perché rientrante in qualche proroga specifica, vuoi perché del tutto privo di codice Udi, sfugge alla certificazione che sarebbe di miglior garanzia per i pazienti. E così, oltre ad evidenziare il problema dell’intenzionale mancata applicazione della legge da parte dei professionisti, l’ingegnere porta alla luce un secondo problema: quello dei numerosi buchi della legislazione vigente, sia in effetto delle proroghe più volte emanate – e che potrebbero ancora occorrere – sia per la mancata applicazione da parte dei produttori. Una ragione di più per levare la voce a tutela dei pazienti, spesso ignari delle questioni burocratiche e legali, ma che sono, alla fine, le vittime di una situazione legislativamente complessa che merita di essere dipanata.

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