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Cattivi scienziati

Il vaccino contro il long Covid funziona. Ma Robert Kennedy Jr. vuole cancellarlo

Enrico Bucci

Uno studio condotto su oltre 380.000 bambini e adolescenti dimostra in modo inequivocabile l’utilità del vaccino Pfizer-BioNTech. Ma la campagna antivaccinista del segretario della Salute americano continua indebolire la fiducia collettiva in uno degli strumenti più efficaci di salute pubblica mai sviluppati

Nell’epoca della disponibilità di alcuni fra i più efficaci ed interessanti vaccini mai ottenuti, e contemporaneamente della più antiscientifica fra le amministrazioni Usa che si ricordi, siamo di fronte a un paradosso che tocca direttamente la salute pubblica pediatrica negli Stati Uniti. Da una parte, uno studio monumentale pubblicato su eClinicalMedicine e condotto su oltre 380.000 bambini e adolescenti dimostra in modo inequivocabile l’efficacia del vaccino BNT162b2 (Pfizer-BioNTech) nel ridurre l’incidenza del long Covid. Dall’altra, il nuovo segretario alla salute, Robert F. Kennedy Jr., storico esponente del movimento antivaccinista, valuta di rimuovere proprio questo vaccino dalla lista delle immunizzazioni pediatriche raccomandate dal Cdc. Una decisione che non avrebbe valore legale diretto, ma che, di fatto, modificherebbe le linee guida seguite da pediatri, assicurazioni e autorità scolastiche in tutto il paese.

 

                                   

 

Lo studio, parte del programma federale Recover, ha analizzato tre coorti: adolescenti nella fase Delta (luglio-novembre 2021), bambini e adolescenti nella fase Omicron (gennaio-novembre 2022). I risultati sono netti: nella coorte degli adolescenti esposti al Delta, la vaccinazione ha ridotto del 95,4 per cento (IC 95 per cento: 90,9–97,7 per cento) il rischio di sviluppare il long Covid. Anche nella fase Omicron, più insidiosa per la contagiosità e meno sensibile ai vaccini, l’efficacia resta significativa: –60,2 per cento nei bambini (IC 95 per cento: 40,3–73,5 per cento) e –75,1 per cento negli adolescenti (IC 95 per cento: 50,4–87,5 per cento). In altre parole, l’incidenza settimanale del long Covid in adolescenti non vaccinati durante Delta era 3,54 casi ogni 10.000 settimane-persona; nei vaccinati, scendeva a 0,11.

La forza dello studio non sta solo nei numeri assoluti, ma nella chiarezza metodologica. Il beneficio della vaccinazione sul long Covid nei bambini e adolescenti è interamente mediato dalla sua capacità di prevenire l’infezione da Sars-CoV-2: l’analisi di mediazione causale mostra che l’effetto diretto del vaccino sul long Covid, al netto della protezione contro il contagio, non è significativo. Ma l’effetto indiretto – quello che deriva dal fatto che i vaccinati si infettano molto meno – è ampio e statisticamente robusto in tutte le coorti. In sostanza, il vaccino protegge dal long Covid perché riduce il rischio di infezione, e dunque impedisce l’instaurarsi della condizione cronica post-virale. Anche in caso di varianti come Omicron, che infettano più facilmente i vaccinati rispetto a Delta, la protezione si mantiene elevata, con una riduzione del rischio di long Covid che raggiunge comunque il 60-75 per cento nei soggetti vaccinati.

Contro questo quadro, si staglia la scelta politica di Kennedy. Come ha rivelato Politico, il segretario alla salute sta considerando di rimuovere il vaccino Covid dalla tabella delle vaccinazioni infantili del Cdc. Non si tratterebbe di un divieto, ma di un messaggio istituzionale che ha il potenziale di sabotare anni di consenso scientifico. La lista Cdc è la bussola per pediatri, compagnie assicurative e autorità scolastiche: un suo cambiamento non è formale, è strutturale. Kennedy giustifica la mossa con la “scarsa evidenza scientifica” dell’utilità del vaccino nei bambini sani, ignorando proprio gli studi che ne dimostrano l’impatto, non sulla mortalità, già bassa, ma sul long Covid e sulle sue complicanze multisistemiche – respiratorie, muscoloscheletriche, neurologiche.

Il suo tentativo si inserisce in una più ampia strategia politica: conquistare il consenso di quella parte dell’elettorato radicalizzato sul tema vaccini, già fidelizzato al movimento “Make America Healthy Again”. È la prosecuzione diretta della campagna antivaccinista che Kennedy ha portato avanti per anni attraverso l’organizzazione Children’s Health Defense, con ricorsi, denunce e teorie cospirazioniste contro Fda e Cdc. Oggi, da segretario HHS, ha gli strumenti per trasformare quelle retoriche in atti normativi. E lo fa anche a costo di smentire la promessa fatta al senatore Bill Cassidy – medico e decisivo per la sua conferma – di non toccare il calendario vaccinale pediatrico.

Ma l’impatto potenziale è più vasto: 22 Stati hanno già vietato l’obbligo vaccinale anti-Covid nelle scuole; Trump ha firmato un ordine esecutivo per tagliare i fondi federali alle scuole che lo mantengono. Kennedy, con un tratto di penna, potrebbe “normalizzare” la marginalizzazione del vaccino anti-Covid in ambito pediatrico, nonostante il Cdc e il suo comitato di esperti lo abbiano raccomandato all’unanimità nel 2022 sulla base di dati precisi e replicabili.

Nell’ultimo passaggio della sua carriera da attivista e ora da decisore, Kennedy mostra la piena coerenza di chi ha sempre sostenuto che i vaccini pediatrici debbano essere trattati come un’opzione individuale, non come un bene collettivo. Ma la scienza, come dimostra lo studio su eClinicalMedicine, mostra che la posta in gioco è un’altra: prevenire, con strumenti efficaci, una patologia cronica debilitante nei bambini, che può insorgere anche dopo infezioni lievi. Negare questo dato significa negare la realtà epidemiologica, e indebolire la fiducia collettiva in uno degli strumenti più efficaci di salute pubblica mai sviluppati. Salvo poi andare ai funerali dei bambini morti di morbillo, perché non vaccinati.

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