Opposizione a Salvini a Di Maio con le idee di Saviano e Camusso? Aiuto
Al direttore - L’avvocato del popolo che chiede a Luigi Di Maio “questo lo posso dire?” (prima di iniziare la sua replica alla Camera) è stata una scena imbarazzante e al limite del grottesco, ma in essa si riflette una questione assai seria, politica e perfino di natura costituzionale. Con tutta evidenza, infatti, la presidenza del Consiglio attuale non è un organo monocratico, ma ha una leadership collegiale. Come ha osservato Sergio Fabbrini sul Sole 24 Ore, si tratta di una novità legata al bisogno di disciplinare umori, interessi e obiettivi non facilmente conciliabili tra loro. A Palazzo Chigi oggi ci sono due partiti espressione di due elettorati distinti: uno chiede di redistribuire maggiori risorse al sud; l’altro di garantire al nord un fisco più benevolo (e il presidio delle frontiere). Il controllo del bilancio pubblico è cruciale per rispondere a queste domande. Ecco perché Lega e Cinque stelle alla fine hanno deciso di andare al governo. Ma qualunque mediazione verrà trovata per mantenere le mirabolanti promesse del “contratto”, si scontrerà inevitabilmente con le regole e i vincoli dell’Eurozona. A dispetto delle rassicurazioni formali del prof. Conte, che separarsene sia perciò considerato necessario lo testimonia non soltanto la composizione del team di ministri incaricato di gestire la politica europea (con il responsabile degli Esteri che rischia di diventarne la foglia di fico), ma anche quanto è avvenuto nei giorni scorsi al Parlamento di Strasburgo. Durante la discussione sul bilancio comunitario, gli eurodeputati di Lega e Cinque stelle hanno proposto la creazione di un fondo speciale per rimborsare i costi sostenuti dai paesi che decidono di uscire dalla moneta unica (l’emendamento è stato bocciato). L’episodio non ha avuto dalla stampa l’attenzione che meritava, ma è una chiara dimostrazione dell’egemonia esercitata dalle componenti sovraniste dell’esecutivo gialloverde. Beninteso, un’Italia ammiccante con Orbán e ostile alla Merkel sarebbe una sciagura per il suo ruolo internazionale e per le sue attese di crescita. Sembra che alcuni settori della sinistra radicale non ne siano convinti. Poco importa. Importa convincere la gioventù meridionale e i ceti produttivi delle regioni più industrializzate, magari offrendo prospettive e soluzioni innovative alle loro paure e alle loro speranze. Altrimenti, il Pd a che serve?
Michele Magno
Al direttore - Che il problema dei migranti sia stato preso dalla Sinistra molto sottogamba e con un atteggiamento di superiorità morale nei confronti del popolo italiano che invece vedeva con sempre maggiore preoccupazione l’incancrenirsi della situazione nei centri storici delle maggiori città italiane ma anche in molti piccoli centri dove a volte il numero dei migranti sopravanzava quello degli abitanti, è indubbio. L’arrivo di Minniti e dei suoi alquanto drastici provvedimenti è giunto troppo tardi. Troppo facile per i partiti populisti farne la loro bandiera. Sono convinto che il reddito di cittadinanza e il blocco dei migranti costituiscono circa la metà dei voti incassati da “casaleggios” e leghisti. Un centrosinistra più attento e colloquiale con la cittadinanza avrebbe probabilmente disarmato il nemico ma ormai “cosa fatta capo ha” e occorre una rigenerazione che forse sarà lunga e dolorosa ma assolutamente necessaria.
Giovanni Raiti
Il governo appena nato non è nato con buone intenzioni, e lo sappiamo. Ma se l’opposizione deciderà di contrastare il governo Salvini e Di Maio con le tesi di Saviano e Camusso, sull’immigrazione bisogna pensare prima ai diritti e poi ai doveri e sulle tasse bisogna combattere chi vuole abbassarle ai ricchi, possiamo stare certi che Di Maio e Salvini governeranno per i prossimi dieci anni.
Al direttore - Si accentua, dialetticamente, propaganda mera, il ruolo del popolo. Il Pci si definiva “un paese nel paese”, il massimo del popolo protagonista. Patetici, devianti, i sofismi che discettano se esistano ancora la destra e la sinistra, nelle loro originarie accezioni culturali e ideologiche. Sono due distinte, conflittuali, perenni, mobili, categorie antropologiche native che tali rimarranno, comunque le si etichetti le si perimetri: in quanto necessariamente complementari. Come il collettivismo e il liberismo. In sostanza la lotta per il potere è una questione di percentuali.
Moreno Lupi
Il Foglio sportivo - in corpore sano