La scuola secondo il Partito democratico
Simona Malpezzi: “Siamo tornati a investire, ora riduciamo il centralismo”
Abbiamo fatto otto domande alle principali forze politiche per capire che cosa hanno in mente i partiti per riformare l'istruzione. Qui le domande e le altre interviste.
1. Dopo molti anni di tagli, siamo tornati a investire. Il nostro obiettivo era rafforzare l’autonoma progettualità delle scuole e consentire una relazione più stretta con il territorio. Per il futuro immaginiamo una scuola che dia spazi e tempi adeguati alla continuità e alla flessibilità dei processi di apprendimento e che investa sull’innovazione didattica. Senza perdere di vista la sua “missione” che è quella di includere.
2. Abbiamo cercato di mettere ordine nel caos che abbiamo trovato, adottando misure che portino alla progressiva eliminazione del fenomeno storico del precariato. Abbiamo ristabilito un principio: per accedere al ruolo serve partecipare a un concorso pubblico. Il problema non è la gestione centrale dei concorsi: il punto è fare i concorsi bene, regolarmente e nei tempi stabiliti.
3. Una delle prime azioni riguarderà il potenziamento dell’organico dei docenti che andrà reso davvero funzionale alle esigenze delle scuole. Vogliamo migliorare l’alternanza che è un ottimo strumento per garantire ai ragazzi l’acquisizione delle competenze trasversali, far crescere la cultura della valutazione e dell’autovalutazione, garantire ai docenti opportunità di crescita professionale.
4. Abbiamo messo in campo delle misure concrete: school bonus, detrazioni sulle rette, attribuzione dei fondi per l’alternanza e di quelli Pon. Abbiamo combattuto i diplomifici, che tanta parte hanno nella cattiva immagine che parte dell’opinione pubblica ha delle paritarie.
5. Abbiamo riportato l’autonomia in primo piano. Nonostante ciò il centralismo, la scuola delle circolari, è ancora troppo presente. Gli enti locali potrebbero assumere un ruolo attivo di collaborazione sugli ambiti già a loro assegnati dalla normativa.
6. L’unica soluzione è garantire un elevato livello medio delle nostre università alimentando intelligentemente quelle meno forti su progetti e con incentivi specifici, in modo da contrastare la “desertificazione”. Una proposta concreta? Separiamo definitivamente il fondo statale di finanziamento ordinario da quello di finanziamento premiale.
7. Nella legislatura che è appena finita abbiamo aumentato il numero delle borse di studio e previsto l’esenzione contributiva per larghe fasce di studenti. Ma la vera sfida è che le università possano differenziare la loro offerta formativa e ampliarla alle lauree professionalizzanti.
8. Il vero tema è fare in modo che la spesa delle famiglie degli studenti ricada progressivamente su quelle più abbienti e non uniformemente su tutte. Proviamo a estendere ulteriormente la fascia di esenzione contributiva, ma soprattutto rafforziamo ancora il sistema di diritto allo studio: dal 2013 al 2018 lo stanziamento statale stabile del diritto allo studio universitario è passato da 16 a 226 milioni di euro annui.
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