La migliore protesta dei giovani contro i gialloverdi è andare a scuola
Occupare gli istituti scolastici contro il governo? I dubbi di un insegnante
Al direttore - Leggo il Foglio dal 30 gennaio 1996. Una gioia che ha accompagnato i miei ventidue anni da “fogliante”. Gioia moltiplicata da quando (per vostra bontà) questo giornale ospita i miei arabeschi musicali o le mie riflessioni sulla scuola. Un’idea giornalistica diversa. Lo spazio per un dialogo sincero anche tra posizioni diverse. Questo spirito animava il Foglio di Giuliano Ferrara e ancora anima il Foglio che Claudio Cerasa guida splendidamente. Per questo, pur non parteggiando per l’attuale esecutivo, provo a esprimere il mio personale dissenso all’invito rivolto ai nostri studenti di manifestare contro un governo che sta “giocando sporco”, provocato anche dall’intervista fatta da Gregorio Sorgi a Guglielmo Mihelj, rappresentante degli studenti del liceo Mamiani di Roma. Per due ordini di ragioni.
Ecco il primo. In queste settimane i ragazzi del liceo Mamiani di Roma (e di tutti i licei) sarebbero scesi in piazza in qualsiasi caso, con qualsiasi pretesto e per qualsiasi ragione. Con un governo di destra, sinistra o centro. Contro ogni riforma economica e scolastica. Il periodo è quello giusto per animare le strade senza alcun motivo. L’abbiamo fatto tutti, decenni fa, e la tradizione è continuata. Cambiano solo i bersagli. Oggi bruciano il fantoccio di Salvini, anni fa bruciavano quello di Berlusconi. L’anno scorso si protestava per l’alternanza scuola-lavoro. Ora che l’hanno smantellata (sciagurati!) si manifesta perché “il governo Salvini-Di Maio si rifiuta di affrontare i problemi di fondo della nostra società. Hanno una politica ostile contro i migranti che non hanno alcuna responsabilità per quello che accade”. Pochi sono quegli studenti (e ahimè, pochissimi anche gli adulti) che colgono veramente le coordinate drammatiche della situazione che attualmente viviamo. Quei ragazzi urlanti in piazza non hanno strumenti culturali ma soprattutto adulti che possano introdurli senza partigianeria nella situazione che stiamo vivendo.
Per il secondo ordine di motivi riprendo le parole dell’Elefantino che scriveva su queste colonne qualche giorno fa: “Finché a un elenco di fatti sarà opposto un sistema di valori, niente potrà fermare o correggere sensibilmente la presa di possesso mondiale nazionalpopulista e lo svuotamento delle democrazie liberali”. Lo diceva in merito alla reazione internazionale al populismo ma vale anche per l’opposizione di piazza all’attuale governo. E’ sbandierare valori spesso vuoti e retorici, nel nostro caso la mitica scuola pubblica (indifendibile, stando alle graduatorie internazionali) contro chi nel bene o nel male parte dai fatti (il disagio delle periferie, la povertà) e cerca di fare i fatti, quelli per i quali è stato votato. Certo, le ricette sono sbagliate. Ma non è con gli insulti (razzisti, fascisti, ignoranti) che si contrasta il nazionalpopulismo di cui parlava Ferrara. Allo stesso modo, non è con le nuove parole d’ordine (diversità, legalità, affettività nella scuola, accoglienza, tolleranza, uguaglianza fuori) che si educano i giovani, specie in un momento come questo: è un lento venir meno di certezze che prima davano stabilità e ora, eclissandosi, creano caos. Salvini e i 5 stelle si sono inseriti in questo solco, nel solco della gente che non riesce a vivere (attenzione, non a mangiare), che pensa che sia giusto tutto quello che ha in testa. Gente che (in verità) ha anche pagato sulla propria pelle anni di una politica che, se pur per altri motivi, non è stata capace di rispondere alle attese.
La migliore manifestazione che i nostri studenti possono fare è allora andare a scuola. Brandire la scuola come baluardo. Rimanerci un’ora in più. “Interrogare” i docenti chiedendo loro se esistono ancora degli adulti, in questo paese, che abbiano un giudizio, delle idee, un ideale, una cultura. Studenti che alla cultura del “fare di meno” contrappongono un cercare di “fare di più”. Studenti che non avranno strumenti culturali solidi ma hanno il cuore per non soccombere all’ideologia. Perché una piazza si può riempire. Si può anche conquistare un largo consenso (vedi il duo di 5 stelle-Lega). Ma un’idea vera che possa cambiare la vita la devi vedere prima incarnata. Allora non scendi in piazza, ma scendi nella realtà, “occupi il mondo” cercando, anche nel silenzio di una scuola e non su Twitter, di cambiarlo.
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