Nella cinica attesa che la nuova direzione di Largo Fochetti completi le procedure di distanziamento sociale nei confronti della vecchia guardia napoleonica di Rep., c’è ancora il tempo di divertirsi come ai bei tempi eroici leggendo la severa articolessa di un Dragone della riserva, Corrado Augias, che ieri si spencolava dalla prima pagina, con la sciabola, per un ultimo e un po’ rugginoso hurrah!, “Prima la scuola pubblica”. Non sta nel tema in sé, ovvio, il motivo del divertimento. Veterano quasi quanto Augias, ed essendosi troppo a lungo occupato della faccenda, lo scrivente se n’è un poco annoiato. E’ invece nelle argomentazioni meravigliosamente retrò di Augias che si trova la consolazione di un prurito antico. A partire da quella che dovrebbe essere la sostanza, i quattrini, ché dice l’autore che le scuole paritarie chiedono l’aiuto finanziario dello stato per non essere travolte dal flagello del Covid. Mentre “le scuole pubbliche sono giustamente semi-gratuite”. Eh già, infatti le paga Pantalone. Il dubbio, che sorgerebbe anche a un ragioniere di prima nota, che le scuole pubbliche (ma sarebbe meglio dire gestite dallo stato) siano pagate dalle tasse dei cittadini, compresi quelli child free, neppure lo sfiora. E nemmeno il sospetto che la loro gestione sia anzi più costosa di quanto lo sia quelle della paritarie. Passaggio godibilissimo è quello sulla libertà d’insegnamento. Dacché Augias si picca di essere poco meno, o poco più, di uno storico delle religioni.
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