Il motorino della ripartenza
L’educazione finanziaria alla base delle scelte dei singoli e della politica. Anche in fase 3
Prima del Covid-19, gli economisti non avevano previsto che l’economia globale rallentasse e meno che mai avevano intuito la severità del rallentamento; naturalmente non avevano neppure previsto il Covid-19 e le sue conseguenze economiche, che appaiono più gravi ogni giorno che passa. Questa serie di previsioni mancate ha acuito la diffidenza dell’opinione pubblica nei confronti dell’economia fino a trasformarla in vera e propria insofferenza. L’economia è percepita come disciplina “prepotente” con tendenze egemoniche nell’analisi e nelle indicazioni di cura dei problemi sociali; tendenze non giustificate, presso l’opinione pubblica, alla luce dei risultati delle politiche economiche adottate dai governi (che però non sempre ascoltano gli economisti).
Questa insofferenza, più evidente nelle posizioni populiste, si esprime spesso come contrasto tra chi si appella genericamente alla solidarietà e ai diritti e chi, conoscendo la complessità dei problemi e la forza dei “vincoli” rappresentati dalla limitatezza delle risorse, conosce bene la necessità di rendere realistici gli obiettivi e di evitare il grave rischio di provvedimenti troppo facilmente finanziati con debito, anziché con tassazione o riduzione di altre spese, e perciò iniqui nei confronti delle generazioni future. Alle politiche “popolari”, idealmente sempre a sostegno del benessere e dei “diritti degli italiani” – considerati acquisiti anche quando nascondono “privilegi” – è difficile opporre argomentazioni economiche, se non si vuole essere tacciati di insensibilità o, peggio, di “cattiveria”.
Un ruolo di rilievo negli snodi principali della vita: dalle scelte relative ai risparmi e ai percorsi formativi a quelle sulla pensione
Ho sperimentato spesso questa contrapposizione tra “buoni” e “cattivi” in trasmissioni televisive nelle quali si affrontano, a turno, i molti problemi da cui gli italiani (o buona parte di essi) sono afflitti, ogni volta, con relativo sfogo (invettiva) contro l’inazione pubblica, come se i vincoli di bilancio non esistessero. Quanto questo stato di cose, certamente non esclusivo del nostro paese, dipenda da un’incomprensione dei concetti economici di base non è facile a dirsi, ma certo questa forma di analfabetismo (non estranea neppure ai massimi livelli del governo) non aiuta una discussione politica matura e consapevole, un po’ come l’ignoranza in materia sanitaria ha sorretto le posizioni oltranziste e antiscientifiche dei no vax.
Eppure, la ricerca ha ampiamente dimostrato come l’alfabetizzazione finanziaria (com’è solitamente chiamata l’educazione economico-finanziaria di base) rappresenti un elemento capace di influenzare in misura rilevante sia le scelte dei singoli nel corso della vita, sia le decisioni politiche; queste ultime, come si è ben compreso nell’epoca del virus, non solo fanno da cornice e da guida alle libere scelte individuali ma vi si sostituiscono talvolta, specie in situazioni di emergenza, con obblighi e divieti. E’ compito dello stato aiutare i singoli, cercando non solo di risarcire a posteriori chi ha subito un danno, ma anche di livellare a priori i punti di partenza, attraverso interventi diretti nella scuola, nella formazione professionale, nella sanità e nel welfare e la definizione di “regole del gioco” trasparenti, tali da favorire il merito e non i privilegi o le “caste”. Sta poi alla responsabilità di ciascuno, entro questo quadro di servizi pubblici e di regole del gioco, cercare di migliorare le proprie prospettive future.
Ed è in questo scenario di incertezze, rivendicazioni e facili promesse, da un lato, e di responsabilità individuali dall’altro, che l’educazione finanziaria di base assume un ruolo di grande rilievo negli snodi principali della vita: dalle scelte relative ai percorsi formativi a quelle che riguardano la formazione di risparmio personale o l’eventuale indebitamento (per esempio, la sottoscrizione di un mutuo per l’acquisto della casa); dalle decisioni di impiego dei propri risparmi, soprattutto in età matura, per aggiungerli alla pensione, fino alla scelta se andare in pensione al raggiungimento dei requisiti minimi o continuare a lavorare per avere un importo più elevato.
Per fare un esempio concreto, per scegliere un’auto in maniera soddisfacente occorre non solo avere alcune nozioni tecniche, ma anche sapersi districare tra anticipi, rate e interessi. Le prime sono complessivamente abbastanza diffuse, mentre molte persone sono totalmente sprovviste delle più elementari nozioni finanziarie. Eppure, ancor più che per acquistare un’auto, in diversi momenti dell’esistenza le nozioni finanziarie di base sono indispensabili per impostare scelte un po’ lungimiranti e non troppo rischiose o per rifuggire da chi promette lauti guadagni senza menzionare il rischio che si corre là dove vi sono attese di rendimenti elevati (come nel caso dello scandalo sulla compravendita di diamanti di qualche anno fa).
La differenza tra “reddito” e “sussidio” vicina alla differenza tra cittadini consapevoli e cittadini meri strumenti delle battaglie politiche
Un minimo di educazione finanziaria è indispensabile però anche per essere migliori cittadini. L’educazione finanziaria di base si è infatti dimostrata presupposto utile, se non indispensabile, per costruire non soltanto un’economia più favorevole alla crescita ma anche una società meno diseguale dal punto di vista finanziario e da quello più ampio dell’equità sociale. Per esempio, si è dimostrato come l’assenza di quest’educazione di base arrivi a spiegare circa il 40 per cento della (grande) diseguaglianza nella ricchezza negli Stati Uniti: essa sottrae chances di vita e di miglioramento della propria condizione. Infine, l’educazione finanziaria di base rappresenta uno dei fondamenti per costruire una partecipazione politica più consapevole e pertanto una democrazia più solida, nella quale i politici abbiano maggiori incentivi a indirizzare gli elettori verso obiettivi costruttivi piuttosto che a offrire loro illusioni e obiettivi di breve periodo spesso costruiti sulla carta (sul debito).
Non una panacea, quindi, non un miraggio nel deserto ma un fondamento per costruire un modello di società più responsabile (anche nei confronti delle generazioni future), più sostenibile (e pertanto maggiormente convinta dalle ragioni dell’agenda verde) e anche più solidale, perché la solidarietà basata sulla crescita è più ragionevole di quella basata soltanto sulla redistribuzione. Così, ad esempio, la differenza tra “reddito” e “sussidio” si avvicina alla differenza tra cittadini consapevoli e cittadini che diventano meri strumenti delle battaglie politiche: possiamo anche chiamare redditi tutti i sussidi escogitati in questi anni ma se non si trasformano in redditi, ossia se non sono il frutto di un circuito produttivo, si trasformano, in un esercizio di impoverimento collettivo anziché di stimolo a migliorare con il lavoro, il risparmio, l’investimento – anche e forse soprattutto, in istruzione. E alla fine ci ritroveremo tutti più poveri.
Eppure, tutto ciò ha fatto finora scarsa presa nella società italiana e anzi è stato spesso interpretato come un maldestro tentativo di “portare acqua al mulino degli economisti”. Se il Covid-19 rappresentasse l’occasione non soltanto per ridurre l’arroganza dei no vax ma anche l’ostilità verso l’educazione finanziaria di base e conducesse alla sua introduzione nei programmi scolastici, uno degli elementi necessari a una vera “ripartenza” del paese sarebbe realizzato.
Il Foglio sportivo - in corpore sano