Ah, il capitale umano
Il vuoto formativo di milioni di studenti è l’altro dramma del Covid. L’indifferenza al governo è un guaio
Giuseppe Conte parla poco di istruzione, pochissimo di scuola, molto di “capitale umano”. Ne ha parlato nel discorso per la fiducia in Parlamento, in diverse interviste, nel corso di incontri istituzionali a Milano, a Napoli, a Tatanto, a Gioia Tauro... L’espressione, evidentemente, gli piace: suona bene, sta bene su tutto, assicura un certo standing. Ma che sarà mai, in fondo, ‘sto capitale umano? Secondo l’Ocse è quel misto di “conoscenza, abilità e competenza che facilita la creazione di benessere personale, sociale ed economico”. Puntare sul capitale umano dovrebbe pertanto significare puntare sui giovani, investendo prima di tutto su scuola e università. Nell’era pre Covid la situazione era già tragica. Tra i paesi dell’Ocse, l’Italia era all’ultimo posto per spesa pubblica destinata all’istruzione, avevamo uno dei tassi più alti di abbandono scolastico, il tasso più basso di laureati dopo la Romania, i docenti tra i peggio pagati, gli studenti tra i più ignoranti e che più faticano a comprendere il senso di un testo scritto teoricamente alla loro portata. Tra tutti, l’ultimo dato è senz’altro il più allarmante. Anche perché è chiaro che, per come il governo sta gestendo l’emergenza sanitaria, mentre gli altri dati di sicuro non miglioreranno, questo è certo che peggiorerà.
Siamo, infatti, il Paese europeo che ha tenuto chiuse le scuole più a lungo, la didattica a distanza non ha raggiunto il 20% degli studenti e chi pure ne ha potuto beneficiare ha fatto molte meno ore di lezione ed ha studiato molto meno del solito. In compenso, i voti sono aumentati. Alla maturità sono stati ammessi tutti, quasi la metà dei candidati ha preso più di 80, al liceo classico uno su quattro è uscito col massimo dei voti. Un record “storico”. Studenti più preparati? Macché, esami più facili e commissioni d’esame ancor più “comprensive” del solito. Il problema è gigantesco, eppure nessuno ne parla. Il ministro dell’Istruzione, Lucia Azzolina, è troppo occupato a reperire banchi a rotelle per preoccuparsi del grado di formazione di chi ci si dovrà sedere sopra. Situazione tragica, considerando che gli studenti di oggi saranno la classe dirigente di domani. Tragica anche perché il lavoro giovanile risulta essere, cosa mai avvenuta prima in tali proporzioni, il più colpito dalla recessione in corso: la metà dei posti di lavoro disintegrati dal Coronavirus, infatti, erano occupati da minori di 35 anni. Si prospettano, pertanto, nuove generazioni sempre meno formate e con sempre meno occasioni di impiego.
Un governo serio farebbe dei giovani e dell’istruzione il primo punto della propria agenda politica e il target principale dei propri investimenti pubblici. Non è questo il caso. Poche risorse, pochissima attenzione, nessun progetto. Resta solo un dubbio: di cosa parla Giuseppe Conte quando parla di capitale umano?
Andrea Cangini è senatore di Forza Italia e portavoce di Voce libera