Milano. Ieri, ad Agorà, il consulente del ministro della Salute, Walter Ricciardi, ha detto che la riapertura delle scuole (e le elezioni) sono a rischio “se la circolazione del virus torna ad aumentare”. Poi ha circostanziato, ma intanto ha costretto il ministro dell’Istruzione Lucia Azzolina a ribadire la data del 14 settembre: “Abbiamo il dovere morale di riaprire, è una priorità assoluta del governo”. Ma questo è solo il balletto del giorno, un passo del minuetto quotidiano che riempie i giornali e agita i cittadini, all’inseguimento di dichiarazioni come “distribuiremo 11 milioni di mascherine al giorno ma abbiamo anche allargato le aule e cercato ulteriori spazi affinché gli studenti possano abbassare la mascherina”. Allargato le aule? Quel che è più grave è che tutta la gestione della scuola italiana si muove da sei mesi in una sospensione di irrealtà. Settembre sarà duro per l’Italia come per tutti i paesi: economia, elezioni e quant’altro. E la curva che (può) salire. Ma la scuola in Italia rischia di trasformarsi nella crisi più grave. Non serve scomodare Mario Draghi per ribadire che invece l’istruzione è un tema cruciale. I problemi della scuola sono decennali, certo. Ma da sei mesi il ministero, il governo, i vari “tavoli”, l’Iss e il Cts, e senza dimenticare i sindacati, li hanno calati in una bolla di astrazione.
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