Riaprire le scuole, ma come? Parlano i presidi
Docenti e studenti in cerca di normalità. Da nord a sud, così negli istituti ci si ingegna per trovare soluzioni e consentire l’avvio dell'anno scolastico. Un girotondo
Banchi, aule e spazi comuni da gestire, docenti e collaboratori da assumere, trasporti da organizzare: i nodi intorno alla scuola sono ancora molti e ci sono solo tre settimane per scioglierli. Così, mentre i ministeri e il comitato tecnico scientifico continuano a cercare un accordo per definire le linee guida, i presidi si affannano a fare ciò che possono per essere pronti alla riapertura delle proprie scuole.
Carate Brianza, istituto paritario “Don Gnocchi”
Grazie a una tensostruttura costruita in collaborazione con il Comune di Carate Brianza, l’istituto scolastico “Don Gnocchi” è riuscito a comunicare agli studenti che l’anno inizierà in presenza per tutti. La struttura sarà usata per le attività motorie, in condivisione con il vicino istituto tecnico statale, liberando così lo spazio dentro la vecchia palestra per le classi che sarebbero rimaste fuori. “Dietro questo accordo c’è molto di più del risultato, già importantissimo, di essere riusciti a riportare a scuola tutti gli alunni”, spiega al Foglio Luca Montecchi, rettore dell’istituto paritario che conta 750 iscritti tra liceo classico, scientifico, socio economico, scienze applicate e istituto alberghiero. “Il Comune ha riconosciuto il valore della scuola paritaria e questa per noi è una buona notizia”, ci dice. Il tema della riapertura è stato affrontato per tempo, già da maggio, e il principio fondamentale che ha guidato il piano di rientro è stato uno: far tornare tutti a scuola. “E’ un’esigenza che sentiamo tutti, dopo sei mesi dalla chiusura. Anche tra i genitori, dove non mancano voci apprensive e allarmate, prevale nella larghissima maggioranza il desiderio di tornare”. Certo, spiega Montecchi, avere organizzato tutto – dai trasporti, agli spazi, al personale – rende più serena l’attesa della riapertura. “Ma sono tutti modelli previsionali. Capiremo meglio dal 14 settembre se tutto quello che abbiamo programmato sarà sufficiente o se possono esserci miglioramenti da fare”. Il piano B in caso di didattica a distanza è pronto, tra potenziamento della rete internet e delle dotazioni elettroniche della scuola. In questo, ci spiega, in quanto istituto paritario “ha aiutato non dover sottostare alle lente e noiose pratiche burocratiche che rallentano acquisti e decisioni. Nel complesso, il sistema delle scuole paritarie ha retto il colpo: purtroppo circa 80 piccoli istituti hanno chiuso in questi mesi, ma i contributi per le famiglie stanziati dal governo e dalla Cei hanno fatto da argine e abbiamo evitato il tracollo”.
Milano, liceo classico “G. Parini”
Al liceo classico “Giuseppe Parini”, uno dei più antichi di Milano, nessuno studente seguirà le lezioni da casa. Anche per questo, per gestire i 1.200 alunni che frequentano la scuola, servirebbe rinforzare il personale. “C’è un problema di organico. La situazione attuale richiede qualche docente in più – spiega il preside Giuseppe Soddu – ma anche altri collaboratori scolastici, perché sarebbe opportuno avere più persone a disposizione per sorvegliare che non ci siano assembramenti fuori dalle classi, nei momenti in cui il controllo si allenta, come durante la ricreazione e all’ingresso”. Intanto, per riaprire in sicurezza, un’equipe di architetti e ingegneri ha riorganizzato lo spazio insieme al responsabile della sicurezza. “Abbiamo liberato alcune stanze, allestito un’infermeria per ogni piano e aggiunto alcuni ingressi per evitare che i ragazzi si accalchino fuori da scuola”, continua Soddu. Ma il “Parini”, come ammette lo stesso preside, è tra le scuole più fortunate: non ci sono classi troppo affollate, la media è di 23 alunni, ci sono già banchi singoli – “Quelli che abbiamo richiesto sono solo per rinnovare gli arredi” – e si fa già ampio uso di strumenti digitali, utili oggi ancora di più a ridurre le occasioni di contatto e la confusione. “Useremo la cartellonistica per aiutare gli alunni a orientarsi, abbiamo studiato percorsi diversificati per raggiungere le classi, e con un Qrcode ognuno potrà scaricare le informazioni e la mappa sul proprio cellulare. Per segnare la presenza invece basterà usare un badge”. “Sulla sicurezza degli spazi mi sento tranquillo – spiega il preside –, abbiamo tutto sotto controllo”. Che succede però se c’è un positivo? “Aspettiamo indicazioni precise da parte del comitato tecnico scientifico, non sappiamo se dovrà essere messa in quarantena tutta la classe o meno”. E se a risultare contagiato dovesse essere un’insegnante, qualche preoccupazione si fa largo. “Tenga conto che ci sono docenti che hanno tantissime classi, se capita a uno tra questi si potrebbe compromettere la presenza. Se non ho capito male, nel caso in cui ci fosse un docente in quarantena, dovrebbe essere possibile sostituirlo subito. Ma restiamo in attesa di maggiori dettagli”. Il piano B comunque è pronto: se i contagi peggiorano torna la didattica a distanza. “In questi mesi abbiamo messo a punto una piattaforma comune per tutto l’istituto e i nostri docenti sono stati formati la scorsa primavera. Speriamo davvero che non sia necessario”.
Bologna, liceo classico “M. Minghetti”
A Bologna il liceo classico “Marco Minghetti” – più di 1.300 studenti – ha potuto contare sulla disponibilità della città metropolitana, l’ente incaricato di trovare locali idonei nei casi in cui le scuole non abbiano abbastanza spazio per garantire il distanziamento. Roberta Fantinato, la preside, ci spiega che 26 classi su 55 saranno spostate, insieme agli studenti di altri istituti bolognesi, in un padiglione della Fiera di Bologna, dove il disegno degli spazi sarà curato dall’architetto Mario Cucinella in funzione della nuova destinazione d’uso. “Ci sembra importante che anche in una situazione come questa i ragazzi possano frequentare degli spazi belli e non solo sicuri”, dice la preside. “Garantire la presenza di tutti gli studenti a scuola per noi è stata una priorità, perché la didattica a distanza si è dimostrata uno strumento utile e agile, ma vogliamo limitarne l’uso alle sole emergenze”. L’allestimento della Fiera sta iniziando proprio in questi giorni, entro la prossima settimana arriveranno i banchi singoli acquistati dalla Mobilferro, mentre nello storico palazzo di via Sauro gli arredi resteranno quelli vecchi: “Utilizzeremo solo le classi che hanno capienza adeguata, dove stiamo distribuendo i banchi singoli che già avevamo. Abbiamo fatto il possibile per non essere impreparati”. Eppure resta più di una preoccupazione. Non si sa ancora nulla riguardo alla richiesta di personale Ato, che servirà nel nuovo spazio in Fiera. Resta l’incognita di quale procedura attivare in caso di contagio. Non ci sono informazioni su chi certificherà, e come, la fragilità di studenti e docenti, autorizzando quindi gli stessi a restare a casa, né come gestire questa eventualità. “Non le nascondo che di notte si fa fatica a dormire sonni tranquilli”, continua Fantinato. “Abbiamo bisogno di linee guida di riferimento, poche e chiare, per rispondere alle situazioni che si creano sui territori. E penso anche che sia necessaria una copertura normativa elastica, che ci consenta di prendere decisioni tempestive e misurate sulle specifiche esigenze che ogni scuola si troverà a gestire. Per superare questo momento serve un patto di responsabilità tra tutti gli attori della scuola – continua – per questo ho coinvolto fin da subito rappresentanti del personale, degli studenti e dei genitori. Abbiamo stilato un regolamento stringente, ognuno deve fare la sua parte”.
Roma, istituto paritario “Pio IX”
“Per questo rientro a scuola sappiamo a chi rivolgerci – scherza il presidente dei presidi del Lazio, Mario Rusconi – c’è qui vicino casa mia, nel quartiere Trieste, la chiesa di San Giuda Taddeo, il protettore delle cause perse. In questo momento sembra l’interlocutore migliore”. L’ironia risolleva un po’ il morale, dopo avere parlato di tutti i problemi ancora senza soluzione a poche settimane dall’avvio dell’anno scolastico. “I banchi prima o poi arriveranno, quelli acquistati per tempo sono già in consegna”, puntualizza il preside. Ma gli spazi, i trasporti, il personale, sono tutti rompicapo ancora senza soluzione, che secondo Rusconi pesano ancora di più sulle scuole del centro e sud Italia. La capienza degli istituti, spiega, è un problema che le scuole si portano dietro da tempo e che i Comuni – proprietari di elementari e medie – e province – proprietarie delle superiori – hanno sempre tralasciato. “Ora però non si può più fare spallucce. Mi risulta che in altre regioni, soprattutto al nord, gli enti locali siano stati più efficienti nel reperire spazi fuori dalle scuole. Nel Lazio non abbiamo trovato locali alternativi e solo per le scuole medie superiori, a Roma e provincia hanno difficoltà a sistemare le classi circa il 40 per cento degli istituti”. Questo vuol dire attivare una didattica mista, in presenza per una parte degli studenti e a distanza per tutti gli altri. Ma se nelle scuole superiori il problema è più gestibile, resta da capire come si organizzeranno le elementari e le medie. “Dobbiamo ammettere che la didattica a distanza non è efficace per i bambini delle scuole elementari, oltre a creare problemi alle famiglie. E ancora oggi, tutte le scuole che non hanno avuto risposta sugli spazi alternativi non sanno bene come muoversi”. Immaginando di dovere attivare i doppi turni, resta comunque il problema del personale. I 50 mila insegnanti che dovrebbero entrare nelle scuole, quelli previsti dal decreto “Scuola”, non sono ancora stati individuati e smistati. “Stiamo aspettando risposte dagli uffici scolastici regionali, ma anche loro aspettano che il ministero termini i conteggi. Le cose di cui occuparsi sono davvero tante, ma chiediamo che questo ritardo venga colmato al più presto”. Senza risposte dall’alto, per i presidi c’è un problema di comunicazione con le famiglie, soprattutto per gli studenti più piccoli: impossibile dare indicazioni senza prima sapere cosa decide il ministero. “Ecco qui – continua Rusconi – che nelle chat dei genitori sta succedendo l’ira di Dio”. A livello nazionale c’è stato un errore di comunicazione, sostiene Rusconi, che è preside anche del liceo dell’istituto paritario “Pio IX”, nel quartiere Aventino a Roma. “Avrebbero dovuto dire che la situazione è gravissima, perché i problemi di cui parliamo oggi sono in parte già noti da tempo. Basti pensare che anche le vecchie norme di distanziamento basate sulla volumetria non sono mai state completamente recepite. Invece tutti hanno preferito mandare messaggi ottimistici, e ora questi messaggi vanno mantenuti”.
Cosenza, liceo scientifico “Scorza”
Al liceo scientifico “G.B. Scorza di Cosenza” nemmeno usare i banchi monoposto sarebbe stato utile per riuscire a ottimizzare gli spazi troppo piccoli delle aule. Far rientrare tutti a scuola, senza avere a disposizione altri locali fuori dalla sede principale, è impossibile. E così la soluzione è stata quella di acquistare le sedie con i banchetti incorporati, per recuperare più spazio, e adottare una didattica mista: 15 studenti potranno essere in aula, tutti gli altri, a turno, seguiranno da casa le lezioni. “La didattica a distanza per noi è stata un valore aggiunto – ci spiega Antonella Sergi, vicepreside del liceo – Ci saranno le valutazioni in presenza, ma trattandosi di studenti del liceo pensiamo comunque che la qualità dell’apprendimento non ne risentirà”. Da 1.200 studenti, in questo modo ne resteranno in sede solo la metà, rendendo più gestibile il mantenimento della distanza. Ma su molti altri aspetti pratici – dalla gestione degli spazi comuni, alla possibilità di avere ingressi scaglionati – c’è ancora molto da decidere. Anche per questo la scelta della regione di rinviare al 24 settembre l’inizio dell’anno scolastico è una buona notizia. “Uno dei problemi che ci preoccupa è quello dei trasporti. Non dipende direttamente dalla scuola, ma ci riguarda rispetto alla possibilità di decidere orari d’ingresso differenziati. Nella nostra scuola gli studenti pendolari che arrivano dalla provincia sono molti, ma non sappiamo in che modo le aziende che forniscono il servizio si adegueranno alle nuove disposizioni”. L’attenzione è tutta rivolta alle linee guida che dovrebbero arrivare al più presto e che, si spera, devono essere chiare e molto precise perché “per il momento ci sono troppe incognite”. L’anno scolastico, ricorda Sergi, inizia ufficialmente il primo settembre. Da allora ci saranno ancora 23 giorni prima di aprire i cancelli della scuola, con il vantaggio, per tutti gli istituti calabresi, di poter sapere in tempo cosa decideranno ministero e comitato tecnico scientifico.
Catania, liceo classico “M. Cutelli”
“Non ci aspettavamo molta collaborazione da enti locali e ministero, ed è stato un bene, perché così ci siamo portati avanti cercando da soli le soluzioni. Ma gestire meglio la confusione sarebbe stato d’aiuto”. Al liceo Cutelli di Catania la preside ha già organizzato la gestione logistica dei suoi 1.200 studenti, eppure ripensando a quello che ancora resta da definire ammette che “in questa situazione è impossibile pensare a tutto, perché ci sono elementi che devono essere chiariti a livello regionale e nazionale, ed è il caso di farlo presto perché l’incertezza sulla scuola determina molto disordine nella comunità cittadina”. Nel liceo della preside Elisa Colella restano senza aule 16 classi. La richiesta di locali extra non ha prodotto ancora risultati e allora la soluzione è stata quella di potenziare la connettività approfittando della banda larga. In questo modo la scuola e i docenti saranno in grado di gestire lezioni digitali per i circa 160 studenti che a turno resteranno a casa ogni giorno in modo che tutti siano in classe per il 60 per cento dell’anno scolastico. In ogni aula non ci saranno più di 15-17 studenti, anche perché non avendo banchi monoposto per tutti – e in attesa di quelli ordinati e non ancora consegnati – alcuni studenti useranno quelli biposto, ma senza compagno di banco. “Riuscire a rispettare il distanziamento e nel contempo le disposizioni del vecchio decreto, tra norme antincendio e uscite di emergenza, è come giocare a tetris”, spiega Colella. Ma a preoccuparla di più è altro. “Comprendo l’eventuale preoccupazione di un docente che deve stare sei ore fermo in cattedra, ripensare il suo modo di fare lezione per evitare di muoversi tra gli studenti, che possono essere magari asintomatici”. E se saranno in molti a fare richiesta di esonero per non recarsi a scuola, il problema è come reperire e nominare i sostituti. Di collaboratori scolastici ne servirebbero invece una decina, per essere in grado di intervenire su eventuali assembramenti. Ma alla richiesta di personale Ata del liceo non sono arrivate ancora risposte. “I ragazzi non sono semplici da controllare. Fuori dalla scuola ci sono sempre stati gruppi numerosi, anche intorno ai bar e ai locali nei pressi dell’entrata. Noi abbiamo predisposto in tutto quattro ingressi e ognuno dei flussi avrà una scala dedicata. Ma è impensabile avere la pretesa che i presidi gestiscano quello che succede subito fuori dalla scuola, anche se sappiamo che si possono determinare situazioni di rischio per il contagio. Non ci si può chiedere un’assunzione di responsabilità di questo tipo”.
Il Foglio sportivo - in corpore sano