Lo scaglionamento orario è un rebus politico. Alcuni governatori, come Toti e Zaia, chiedono che si ricorra agli ingressi dilazionati per decongestionare i mezzi pubblici. Ma a giugno bocciarono la proposta
Nella tensione crescente legata alla crescita dei contagi, la dialettica tra governo e regioni sui modi per limitare la diffusione del virus è diventata preda di un grosso equivoco. Da una parte, da quando si è tornati a emanare dpcm per far fronte al rialzo della curva delle infezioni, alcuni presidenti di Regione (segnatamente Luca Zaia e Giovanni Toti) sono tornati a invocare un rafforzamento della didattica a distanza e degli scaglionamenti orari per scuole e uffici pur di limitare l'affollamento sui mezzi pubblici. Dall'altra la ministra Azzolina ha reagito rifiutando di prendere anche solo in considerazione una scuola a scartamento ridotto, visto che secondo la responsabile dell'Istruzione “la scuola è in credito con il paese” per il lungo tempo in cui le sue porte sono rimaste sbarrate. In realtà quello su cui s'è speso il ministro è rimarcare che le proposte delle regioni sono già ampiamente previste da un punto di vista di direttive ministeriali, almeno da quando le aule sono state riaperte nella seconda settimana di settembre. Ma c'è di più.
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