Lo scorso autunno il professor Massimo Arcangeli, che insegna Linguistica italiana, ha sottoposto le matricole a un test efferato: ha chiesto loro cosa significasse “apodittico”. Su centosettantasei studenti, centosettantacinque non ne avevano idea; parliamo di universitari, ragazzi che non solo hanno proseguito gli studi oltre l’obbligo ma hanno frequentato dei licei – in cui si studia Aristotele e quindi il sillogismo apodittico – e hanno deciso di intraprendere una carriera umanistica, sentendosi ferrati e portati. Questo misto di ignoranza e inconsapevolezza mi è venuto in mente leggendo l’ottima intervista di Mario Leone al pedagogista Daniele Novara il quale, frammezzo a tanti spunti brillanti e condivisibili, si lascia sfuggire un’intemerata contro la lezione frontale: “Tu, docente, devi farli lavorare, gestire le tue e le loro emozioni, organizzare l’apprendimento. Non basta entrare in classe, fare una grande spiegazione, dare loro da studiare e poi interrogarli”.
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