Docenti, edilizia, Invalsi: come si cura la scuola ferita da Covid e negligenza
Intervista a Andrea Gavosto della Fondazione Agnelli
Didattica, edilizia scolastica e Invalsi, sono questi i punti salienti per un’efficace riforma della scuola. Questo il pensiero di Andrea Gavosto, direttore della Fondazione Agnelli, che abbiamo incontrato per fare il punto di una situazione molto complessa e decisiva per il futuro del paese. Gavosto ha le idee chiare perché da anni con la Fondazione Agnelli studia l’emergenza educativa che ora è sotto gli occhi di tutti. Con lui affrontiamo alcune tematiche, prima tra tutte l’annosa questione scuola chiusa - scuola aperta. “Non sono un esperto sanitario – ci dice – ma credo che la pericolosità delle nuove varianti, più contagiose anche per i più giovani, giustifichino la prudenza di questo provvedimento. Semmai, ci si può chiedere se abbia senso tenere le scuole chiuse e i centri commerciali aperti. Peraltro, credo che la scuola a singhiozzo di queste ultime settimane – aperta, chiusa, sempre nell’incertezza – non sia stata molto più efficace del lockdown”.
Sicuramente questo ultimo anno lascia delle ferite nella scuola che andranno sanate. “Tutti dobbiamo recuperare qualcosa in termini di apprendimento e di socialità – continua – in particolare i più fragili per ragioni socioculturali o perché disabili”. I dati parlano chiaro e ci dicono che la frattura tra nord e sud si è esasperata e la scuola diventa sempre meno un ascensore sociale. Come fare? “Migliorare la qualità della didattica, immaginare in alcune zone le scuole aperte tutto il giorno (per fare questo occorre un piano per l’edilizia scolastica) offrendo a ciascuno studente un percorso personalizzato per superare le difficoltà. Ma questo richiede anche insegnanti ancora più bravi e preparati”. Il tema dei docenti è un punto spinoso. Nell’ultimo anno si sono spesi, affrontando con generosità questa nuova situazione. E’ pur vero però che le esigenze formative del nostro corpo docente erano già evidenti prima della pandemia e lo sono ancor più chiaramente ora. “Occorre – dice Gavosto – una migliore qualità dell’insegnamento, che si può ottenere attirando nella professione docente i migliori laureati, formandoli bene, selezionandoli in modo rigoroso e dando loro incentivi di carriera. Il contrario di quel che si è fatto finora: ti do poco, ti chiedo poco”.
Per attuare quella rivoluzione copernicana che la scuola tanto attende, potrebbero aiutarci i fondi di Next Generation Eu con i quali impostare un grande piano per l’edilizia scolastica e la formazione. Ne ha parlato qualche giorno fa in Parlamento proprio Gavosto: “Le nostre scuole sono, in media, vecchie e hanno bisogno di interventi sia sulla sicurezza sia sulla sostenibilità, in particolare, energetica. Ma sicurezza e sostenibilità non bastano. Serve intervenire contemporaneamente sulla qualità degli spazi scolastici, sugli ambienti di apprendimento, per renderli più adatti a una didattica più ricca e moderna. Ma anche a una più lunga apertura come accennato prima”. Nel mezzo, ci sono i prossimi esami e le prove Invalsi. I primi avranno luogo in presenza con la discussione di un elaborato scritto; le prove Invalsi, che l’anno scorso sono state eliminate, si effettueranno ma non saranno obbligatorie per essere ammessi all’esame finale. “Spero che quest’anno si facciano perché sono l’unico strumento a disposizione per conoscere l’entità delle perdite di apprendimento causate dalla pandemia. Per quanto concerne la maturità così com’è non serve, perché non dà esiti affidabili, in quanto non confrontabili. Per una riforma bisogna guardare fuori dall’Italia, dove in molti paesi – soprattutto con il modello del central examination – è possibile avere esiti confrontabili da classe a classe, da scuola a scuola, da città a città. Questo sarebbe utile allo studente, come pure all’università dove egli vuole immatricolarsi o al datore di lavoro che consideri di assumerlo”.