Intervista al medico Luca Scorrano

La scuola non è "untrice". Lo studio su Lancet

Il paper (citato da Draghi) su aperture delle scuole e indice Rt

Marianna Rizzini

I curatori dello studio hanno analizzato i dati in varie regioni italiane, durante la seconda ondata, arrivando ad "assolvere" i bambini e ragazzi fino a vent'anni, non soltanto fino alla prima media: non sono "amplificatori" pandemici

Scuole aperte fino alla prima media anche in zona rossa: lo ha annunciato il premier Mario Draghi, citando “evidenze scientifiche” che hanno supportato le decisioni della cabina di regia. E le evidenze scientifiche dicono anche di più, come dimostra uno studio uscito oggi su Lancet Regional Health-Europe (“A cross sectional and prospective cohort study of the role of the schools in the Sars-Cov-2 second wave in Italy”), di cui si era a conoscenza a livello governativo: la scuola, di per sé, non è amplificatore di contagio, anche oltre la prima media. Il contagio, in sostanza, durante la seconda ondata, correva soprattutto oltre i vent’anni di età, e cioè attorno alla scuola più che nella scuola stessa.

 

“L’impennata dell’epidemia osservata tra ottobre e novembre 2020 non può essere imputata all’apertura delle scuole”, dice il paper, “e la loro chiusura totale o parziale in due regioni italiane non ha influito sulla diminuzione dell’ormai famoso indice Rt”, spiega al Foglio il professor Luca Scorrano del Dipartimento di Biologia dell’università di Padova, coordinatore dell’indagine con Sara Gandini, epidemiologa all’Istituto Europeo di Oncologia a Milano. Ma quali passi hanno portato a scagionare le scuole dall’accusa di essere untrici? E come si è giunti a dichiarare che l’incidenza del Sars-COV-2 è “minore tra gli studenti che tra la popolazione generale”? “La relazione tra la diffusione del Covid-19 e la scuola in presenza è un argomento complesso, da affrontare con rigore scientifico e senza pregiudizi, attraverso approfonditi studi epidemiologici”, dice Scorrano: “Noi abbiamo confrontato l’incidenza del Covid-19 tra gli studenti e tra il personale scolastico (docente e non) con quella nella popolazione generale, dello stesso range di età nel caso del personale scolastico. E abbiamo valutato se in concomitanza con l’apertura della scuola l’incidenza del Covid-19 aumentasse prima tra le persone in età scolare che nella popolazione generale, se gli studenti o il personale scolastico positivi al Covid-19 provocassero focolai di Covid-19 nelle scuole, se i focolai in contesti scolastici fossero causati principalmente da studenti, e infine se a livello delle diverse regioni italiane l’aumento dell’indice Rt seguisse le date di apertura della scuola, diverse da regione a regione, a un intervallo di tempo costante. Un intervallo di tempo costante tra apertura delle scuole e aumento dell’indice Rt sarebbe infatti un importante indicatore di correlazione tra scuole in presenza e circolazione virale nella popolazione generale”.  

 


 

Gli aumenti dell’indice Rt precedono quelli dell’incidenza: qualsiasi intervento di chiusura (scuola, coprifuoco, ristoranti, negozi, sci) perde di efficacia se dettato dagli aumenti di incidenza. Il lettore può inserire l’intervento che preferisce su questo grafico che illustra l’andamento nazionale di Rt e di incidenza settimanale. Vedrà che sono quasi tutti avvenuti nella fase calante del grafico di Rt e che la velocità di discesa non è stata minimamente influenzata da questi interventi


 

Si è proceduto dunque a studiare che cosa era successo in regioni che avevano aperto e chiuso le scuole in giorni diversi. Ma, dice Scorrano, “anziché trovarci di fronte, con l’apertura delle scuole in un determinato territorio, a un aumento costante dell’indice Rt in quel territorio, ci siamo trovati di fronte a un aumento dell’indice anche in regioni in cui non erano state aperte le scuole. Come si sa l’Rt viene calcolato su dati consolidati che si riferiscono a 14 giorni prima, tanto che in alcuni casi a un aumento di casi corrisponde un indice Rt in diminuzione, ma si fa ancora molta confusione tra Rt e casi”. Allo stesso modo la chiusura delle scuole, “introdotta in contemporanea con altri interventi cosiddetti ‘non farmacologici’, dal distanziamento al coprifuoco”, dice Scorrano, “non è scientificamente collegabile alla discesa dell’indice Rt: quando sono state chiuse le scuole in Campania, nell’autunno scorso, l’Rt stava già scendendo per conto suo. In Lombardia invece sono state chiuse soltanto le superiori, a differenze delle medie e delle elementari. Ma, nonostante gli allarmi sui bambini diffusori asintomatici del virus, l’indice Rt è sceso”. 

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  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.