Settembre è a due passi
Tornare a scuola evitando la Dad. Dubbi, paure, proposte
La lettera al Cts e ai ministri della Rete nazionale scuola in presenza per chiedere certezze sulla riapertura delle aule (a due mesi dal nuovo anno)
Tornare a scuola: non è così lontano, il mese di settembre, da potersi permettere di fare finta che la questione non esista. Perché in effetti una questione c’è. Lo ha detto anche il ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi, alla festa del quotidiano Repubblica, a Bologna: “Il ritorno in presenza non è un problema solo del governo. Il Cts non è Voldemort e io non sono Harry Potter”. Paragoni magici a parte, la scuola, alla seconda estate con il Covid, non sembra fuori pericolo, nonostante le diverse condizioni di partenza rispetto al precedente anno scolastico (non c’erano i vaccini, un anno fa, e anche i tamponi in farmacia erano di là da venire). “La scuola italiana è in cammino”, ha detto Bianchi, “tutti dobbiamo lavorare per tornare alla normalità”.
Intanto, ieri, il leader di Italia Viva Matteo Renzi ha parlato di scuola con posizione netta: “Personalmente sarei per l’obbligo vaccinale per il personale sanitario e per quello scolastico”. E ha parlato di scuola anche la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, nel suo intervento al G20 delle donne: “La pandemia sta portando alla peggiore crisi educativa della storia moderna. Circa undici milioni di ragazze potrebbero essere costrette a lasciare la scuola. Questa sarebbe una massiccia battuta d’arresto sulla strada verso l’uguaglianza”. Per non dire di Unicef e Unesco, concordi nell’augurarsi la riapertura delle scuole in presenza per evitare “una catastrofe generazionale”.
A due mesi dalla riapertura, il Cts ha deciso di mantenere in vigore gran parte delle regole di distanziamento e protezione in vigore un anno fa. Ma ancora non si sa se la prova sarà superata. Né si sa se la Dad resterà davvero, come si promette e si spera, relegata nell’angolo dei ricordi. Motivo per cui sul territorio genitori, docenti e studenti si stanno mobilitando per scongiurare il remake di un brutto film già visto. E proprio ieri la Rete Nazionale Scuola in presenza ha inviato una lettera al Cts, a Bianchi, al ministro della Salute Roberto Speranza e alla Commissione Europea per chiedere di definire un protocollo omogeneo per il rientro a scuola, con adeguamento ad altri paesi, evidenziando la necessità di garantire la frequenza in presenza “in ogni caso”, visti anche i dati del passato, con l’Italia che ha tenuto chiuse le aule per un totale di 37 settimane dall’inizio della pandemia (secondo i dati Unesco, tra i record negativi in Europa). Con la lettera si evidenziano “le attuali contraddizioni” del protocollo di sicurezza per le scuole italiane per quanto riguarda la definizione di contatto stretto con un positivo, utilizzo della mascherina, aerazione dei locali, organizzazione dei trasporti, e si nota che “le affermazioni a mezzo stampa su presunte maggiori aggressività delle cosiddette varianti del virus nei confronti di bambini e ragazzi sono state smentite dai dati scientifici” in Gran Bretagna a proposito della variante inglese e della Delta (“i bambini sono comunque la fascia d’età meno colpita”).
La Rete Scuola in presenza inoltre “valuta giuridicamente e scientificamente arbitraria e fuorviante l’adozione di misure drammatiche, come la sospensione della scuola in presenza, sulla base del puro andamento dei contagi, anziché delle ospedalizzazioni e delle terapie intensive”. E promette di adire alla Commissione europea per procedura d’infrazione in caso di “palesi violazioni dei diritti costituzionali dei cittadini e soprattutto dei minori”, come una “eventuale discriminazione per i bambini non vaccinati”. Il dibattito sul tema è sommerso, ma già aperto, e due mesi passano in fretta.