(foto LaPresse)

Combattere il partito “sì Dad”

Maurizio Crippa

Il ricatto del distanziamento di chi vuole tenere la scuola chiusa anche quest'anno

Il ministero dell’Istruzione ha inviato alle scuole una “nota esplicativa” per chiarire la faccenda dei tamponi per il personale: sarà gratuito solo “in condizioni di fragilità sulla base di idonea certificazione medica”, quindi non un bonus ai docenti refrattari come i sindacati, con la pasticciona complicità del ministero, avevano tentato di ottenere. Il ministro Patrizio Bianchi ha così messo una pezza a quello che era apparso un cedimento ai sindacati “landiniani” e ai partiti populisti-sovranisti impegnati nella campagna anti green pass, che ha coinvolto anche la scuola. 

Ma la manfrina del tampone e la guerra al green pass non sono l’unica grana, c’è una minaccia peggiore contro la stessa riapertura delle scuole. Cioè contro gli studenti. Quando nelle direttive del ministero – non ancora ufficiali, e siamo ormai a poche settimane dall’inizio delle lezioni – si legge che la scuola riaprirà in presenza, ma tenendo conto delle condizioni di distanziamento, e cioè che vaccino sì o no, green pass sì o no, conterà il famoso e impossibile metro; quando il ministro Bianchi, sulla scorta delle indicazioni del Cts (che a luglio ha ribadito che si dovrà tornare  a scuola con la mascherina e rispettando il distanziamento) lascia che questa parolina magica (in due anni di pandemia, non si è mai provato a realizzarla) circoli furbamente, si sta lasciando intendere che la scuola, in molti casi,  in presenza piena non sarà. Anche perché saranno i presidi a dover decidere, metro alla mano. E i presidi non amano certo rischiare.

Gianna Fregonara sul Corriere un paio di giorni fa informava che Stefano Versari, collaboratore stretto del ministro, ha scritto in una nota che “il metro di distanza tra i banchi è una ‘raccomandazione’ e che ove non fosse possibile rispettarla è escluso ‘l’automatico ritorno alla didattica a distanza’”. Ma nel mondo della scuola e nel sindacato non tutti la pensano uguale. Ad esempio una sigla autonoma e aggressiva come Anief (che rappresenta anche il personale Ata), in cui militò anche l’ex ministro Azzolina, insiste da tempo a dire che la scuola “è potenzialmente un grande cluster di contagio” per chiedere di rimandare alle calende greche la riapertura, quando “potrà rispettare in pieno il distanziamento fisico necessario per la didattica integralmente e permanentemente in presenza”. Come ricorda Fregonara, nel protocollo firmato dai sindacati, il “rispetto di una distanza interpersonale di almeno un metro” è invece un obbligo, non un suggerimento. Dunque, quando il governo, con le sue dichiarazioni e i suoi protocolli, insiste a dire che il distanziamento sarà la condizione necessaria, sta dicendo né più né meno, ma senza il coraggio di parlare chiaro, che la scuola sarà ancora, e per il terzo anno di fila, almeno parzialmente in Dad. Perché sta accettando una condizione pressoché impossibile, almeno nei licei, a meno di attuare doppi turni o orari fortemente differenziati (sgraditi ai docenti) oppure la turnazione, altro pasticcio. Oppure la didattica a distanza. Almeno per un 30-50 per cento delle classi.

La verità è che, nella scuola, c’è un pericoloso partito trasversale che la Dad la vuole. Il partito “sì Dad” è evidente. E’ formato da una parte di docenti: i No vax, ovviamente, che nonostante sostengano che il Covid non esiste sono però contenti di non andar a scuola; e da una parte, per quanto minoritaria, dei docenti che hanno approfittato della Dad non per impegnarsi di più, non per trasformare la propria didattica, non per cercare, spesso con abnegazione, di mantenere il contatto con gli alunni, ma semplicemente per lavorare di meno. Per attuare un illegittimo “diritto alla disconnessione”. E’ accaduto, e le carenti condizioni tecnologiche soprattutto al sud, spiace dirlo,  hanno favorito questi comportamenti. Soprattutto piace al personale Ata, molto forte e molto difeso dai sindacati, che ha trovato decisamente più comodo “lavorare” da casa o, nel caso, presidiare istituti vuoti, dunque sicuri e dove non era necessario pulire né sanificare. A coordinare  ovviamente, le sigle sindacali. 

 

Il ministro vuole cedere a questo partito “viva la Dad”? Crediamo di no, ma il rischio che questo partito trovi l’accondiscendenza di una politica caotica e debole c’è. Sarebbe un brutto colpo alla forza stessa del governo, che in queste ore sta valutando l’imposizione obbligatoria del vaccino nel lavoro pubblico. Bisogna avere il coraggio di dire che quella parolina, distanziamento, sarà l’impegno a migliorare la condizione delle aule e non la scusa per cedere al partito della non riapertura. Bisogna avere il coraggio di dire – caro signor ministro dell’Istruzione – che il vaccino e il green pass devono essere obbligatori per il personale. Bisogna avere il coraggio di dire, come in Francia, che verranno isolati solo i contagiati, e non i vaccinati. Bisogna avere il coraggio di sconfiggere il partito della Dad. Subito.

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  • Maurizio Crippa
  • "Maurizio Crippa, vicedirettore, è nato a Milano un 27 febbraio di rondini e primavera. Era il 1961. E’ cresciuto a Monza, la sua Heimat, ma da più di vent’anni è un orgoglioso milanese metropolitano. Ha fatto il liceo classico e si è laureato in Storia del cinema, il suo primo amore. Poi ci sono gli amori di una vita: l’Inter, la montagna, Jannacci e Neil Young. Lavora nella redazione di Milano e si occupa un po’ di tutto: di politica, quando può di cultura, quando vuole di chiesa. E’ felice di avere due grandi Papi, Francesco e Benedetto. Non ha scritto libri (“perché scrivere brutti libri nuovi quando ci sono ancora tanti libri vecchi belli da leggere?”, gli ha insegnato Sandro Fusina). Insegue da tempo il sogno di saper usare i social media, ma poi grazie a Dio si ravvede.

    E’ responsabile della pagina settimanale del Foglio GranMilano, scrive ogni giorno Contro Mastro Ciliegia sulla prima pagina. Ha una moglie, Emilia, e due figli, Giovanni e Francesco, che non sono più bambini"