diario di un prof
La prima settimana di scuola raccontata da un prof.
L’imbarazzo dei pochi studenti non vaccinati, le spese per i libri, l'algoritmo che ha deciso il ricambio degli insegnanti di sostegno, la gioia per il ritorno in classe. Un diario
Prima settimana di scuola, e direi che il rientro fisico nelle classi di studenti e professori non ha prodotto grandi problemi. Quasi tutti i ragazzi sono vaccinati e i pochi che non lo sono mi sembrano quasi in imbarazzo, non sanno come spiegare il loro rifiuto, si capisce che sarebbero molto più tranquilli e felici se potessero farsi la loro brava puntura sulla spalla, ma che sono costretti obbedire alle ubbie di famiglie sospettose e recalcitranti. Poche, ma dure a convincersi a passare serenamente il guado. A scuola è arrivata anche una squadretta di operai per alcuni lavori di manutenzione, e io da bravo referente Covid della succursale ho controllato il green pass di tutti. E’ questione di dieci secondi per ogni verifica, e la vita va avanti senza problemi.
Il problema più grande, invece, è quello dei libri di testo, credo che il ministero dovrebbe intervenire per evitare spese inutili a famiglie già in difficoltà economica. Una volta certi manuali duravano per anni, addirittura per decenni. Il Lamanna o il Salinari-Ricci passavano da una generazione all’altra, venivano rifoderati ed erano pronti per essere letti e studiati da nuovi studenti. Oggi purtroppo i testi scolastici si trasformano nell’identità, si modificano nella permanenza, sono gli stessi ma non sono più gli stessi. L’ho sperimentato anche con i miei figli, di diciotto, sedici e quattordici anni: leggo l’elenco dei libri da comprare e mi riconforto perché certi titoli sono proprio quelli che ho già in casa, usati dai grandi e trasmessi ai più piccoli. Sì, gli autori sono proprio loro, perfetto, la casa editrice è sempre quella, magnifico, dunque un libro di meno da dover comprare. Ma non è così, perché il codice stampato sulla quarta di copertina, accanto al prezzo, è cambiato, e questo significa che il testo ha subìto delle modifiche e va ricomprato da capo. Modifiche minime, quasi invisibili. Qualche esercizio in più o in meno, qualche diversa illustrazione, i capitoli che sembrano pressoché identici, ma che non stanno nelle pagine di prima, sono slittati due pagine avanti o indietro. Insomma, niente più che un colpetto di cipria, niente di sostanziale, eppure è una nuova edizione, un libro da riprendere e ripagare. Bisogna impedire queste fittizie trasformazioni, mantenere più a lungo possibile il manuale, non sprecare denaro per niente.
Qualcosa non ha funzionato come doveva nemmeno nell’assegnazione dei posti agli insegnanti di sostegno. Nella scuola dove lavoro, un periferico professionale con indirizzo moda, turismo e chimica, ci sono parecchi studenti disabili, forse perché si è diffusa la voce che qui sono ben accolti e ben seguiti. Mi è capitato di fare lezione con cinque insegnanti di sostegno in classe, ognuno totalmente dedito all’aiuto del suo assistito. E’ un legame forte, dove oltre alla competenza anche la fiducia e l’affetto hanno un ruolo decisivo, dove conta la continuità della relazione con lo studente e la sua famiglia. Ebbene, quest’anno gli insegnanti sono cambiati quasi tutti in un colpo solo, nonostante avessero punteggi alti e avessero indicato la mia scuola come destinazione preferita. Qualcosa nell’algoritmo che designa le assegnazioni evidentemente si è sfasato, la macchina ha sbroccato, e così i vecchi insegnanti sono finiti in altre scuole, a ricominciare tutto da capo. Da noi ne sono arrivati altri, giovani, sicuramente preparati, sicuramente disposti a farsi in quattro per assistere i ragazzi che gli sono stati assegnati, e però è un vero peccato che la semina precedente si sia dispersa al vento della disorganizzazione, soffiata via dalla prepotenza di un computer pazzo.
E comunque la prima settimana è trascorsa, la scuola è ripartita ed è stato bello come poche altre cose nella vita sentire uno studente domandare ridendo: “A professo’, ma je semo mancati un pochetto?”. Certo che sì, mi fa piacere ritrovarvi tutti qui, in classe. “A professo’, nun ce crederà, ma pure noi semo contenti de rivedette…”. Devo correggere: “Di rivederla”. Forse qualcuno potrebbe dire che è solo ruffianeria, ma sento un fremito di gioia, una piccola scarica di energia vitale…
generazione ansiosa