diario di un prof

Avanti e indietro in treno, dalla notte alla notte, la giornata di Pasquale che lavora nella scuola

Marco Lodoli

Il viaggio quotidiano di un collaboratore scolastico, da Marcianise in provincia di Caserta, a Torre Maura, Roma

C’è da combattere tanto in questo tempo difficile, per ottenere almeno un piccolo posto dove resistere, uno stipendiuccio che permetta di tirare avanti, e poi si vedrà, poi forse le cose andranno meglio, chi può saperlo. Certo quando vedo quanto si sbattono i miei giovani colleghi, quanto faticano per accumulare punteggi, per avere incarichi di un anno o tre mesi, quanto sono disposti a soffrire, stringere i denti e dare il meglio di sé, senza cedere mai, senza farsi prendere dallo scoraggiamento, quando li vedo così determinati nonostante le mille difficoltà, penso che io forse non ce l’avrei fatta, che sono stato fortunato a laurearmi in un’epoca in cui il lavoro ancora si trovava abbastanza facilmente. Ora vedo professori che a quarantacinque, cinquant’anni sono ancora precari, girano da una scuola all’altra sperando finalmente di avere un incarico definitivo, e non si lamentano mai perché hanno capito in fretta che lamentarsi non serve a niente

  
Ogni mattina scambio un saluto e due chiacchiere volanti con Pasquale. Lui è un Ata, cioè un collaboratore scolastico, come si dice oggi, cioè un bidello, ma guai a usare questo termine, è come cieco o spazzino, parole che ormai vengono considerate scorrette, quasi offensive. Pasquale fa colazione a Marcianise, il paese dove abita in provincia di Caserta, alle tre e un quarto della mattina. Caffellatte e due biscotti mentre fuori la notte è tutta nera. In un portavivande sistema il pranzo, un po’ di pasta, qualche polpetta, la verdura. Si lava i denti, si pettina ed è pronto per il suo viaggio quotidiano. Il treno parte alle 3.58 dalla stazione di Marcianise e arriva alle 4.20 alla stazione di Villa Literno.

    

Pasquale scende nel buio. Sulla banchina c’è già tanta gente, tutti in attesa del treno delle 4.32. Nessuno parla, del resto non c’è molto da dire, bisogna solo aspettare. E più o meno puntuale arriva al binario uno il treno per Napoli Centrale e Roma Tiburtina. La gente sale in silenzio, ognuno si sistema come può cercando di guadagnarsi ancora un po’ di sonno. Pasquale ha un collarino che lo aiuta a sistemare meglio la testa contro il sedile, e una specie di benda per coprirsi gli occhi. Alle 5.55 il treno si ferma a Campoleone, e salgono altri pendolari. Quasi tutti hanno un lavoro a Roma nella scuola, hanno zaini pesanti, borse, computer, e il treno del sonno riparte. Alle 6.20 arriva finalmente alla stazione Tiburtina. Alle 6.28 Pasquale prende l’autobus che porta alla stazione della metro Malatesta. Se lo perde, c’è sempre quello delle 6.32, comunque deve affrettarsi, correre. A Malatesta sale sulla metro C. Sette o otto fermate e arriva a Torre Maura, sono le 7.02, o appena più tardi. C’è ancora un chilometro da fare a piedi per raggiungere la scuola, dove deve essere presente alle 7.15, massimo 7.20, perché i collaboratori scolastici devono arrivare prima degli insegnanti e degli studenti, per aprire e controllare che tutto sia pronto, tutto sia a posto. Insomma, comincia la giornata di lavoro, e Pasquale è sempre gentile, sorridente, disponibile. Si dà da fare per risolvere ogni problema. È giovane e pieno di fiducia. Le lezioni terminano alle 14.20, lui resta ancora mezz’ora per sistemare le ultime cose. Alle 14.57 inizia il viaggio di ritorno, Torre Maura, San Giovanni, Termini, attesa di un’ora e poi il treno per Caserta, e da lì un altro treno per Marcianise. Apre la porta di casa alle 18.40. Sua moglie, che fa l’insegnante, anche lei a Roma, è arrivata prima di lui, ha degli orari leggermente più comodi. “Ma a che ora vai a dormire, Pasquale?”, gli domando, “verso le dieci, le undici?” Macché. “Alle nove mi butto a letto, sono stanco morto, devo recuperare, altrimenti il giorno dopo rischio di non svegliarmi in tempo…”.

    
La vita di Pasquale e di migliaia di lavoratori della scuola ormai è questa. Avanti e indietro su un treno, dalla notte alla notte
. Il suo stipendio non arriva a 1.200 euro, e di questi soldi almeno 250 se ne vanno per i biglietti dei treni, degli autobus, della metro. “Con il Frecciarossa farei molto prima, ma costa troppo”. Viaggia, lavora e non protesta, Pasquale, anzi è contento perché la nostra scuola gli piace, c’è un ambiente sereno. Prima ha lavorato per tre anni in un liceo a Modena, mi racconta che lì era più dura, non si era trovato bene. In tanti fanno la vita di Pasquale, molti insegnanti di sostegno della mia scuola partono insieme a lui. Sono giovani e forti, hanno energia e coraggio, resistono. E di nuovo penso che io forse non ce l’avrei fatta, che mi sarei perso tra i binari, la fine della notte e le prime luci dell’alba. Guardo Pasquale, lo ammiro, da lui imparo tante cose, anche se non saprei dire di preciso cosa. Forse che la vita non è quella che ci raccontano in televisione, è molto peggio, è molto meglio.
 

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