due piazze diverse
C'è la rabbia cupa dei No vax e poi c'è la gioiosa vitalità delle proteste studentesche
Gli antivaccinisti, più che contro Big Pharma, ringhiano ciecamente contro la loro stessa vita. I giovani invece hanno le loro buonissime ragioni e sanno manifestarle. E anche per questo ottengono ascolto
Nelle proteste di ogni tipo quasi sempre viene fuori l’aspetto più segreto e sincero delle persone, la vera natura di chi fino a quel momento si è mantenuto nella prudenza e nell’impersonalità delle regole. In quest’ultimo periodo stiamo assistendo alle proteste dei No vax e a quelle degli studenti, e le differenze saltano agli occhi. Voglio raccontarvi un piccolo episodio che per me fu illuminante. Un tipo procedeva contromano con un grosso Suv, e così me lo sono trovato davanti alla Vespa. Per farlo passare mi sono accostato al lato destro della strada: ebbene, il tipo accelera, passa e mi manda a fanculo. Allora, sorpreso, allibito, lo raggiungo e gli dico: “Stai contromano, ti faccio la cortesia di scostarmi e lasciarti passare e tu mi insulti, ma perché?” Quello mi guarda accigliato, faccia scura, bocca piegata in una smorfia, e poi mi rivela questa grande verità: “Hai ragione, ma io è da mo’ che so’ ’ncazzato…” Per i non romani, che in questo periodo faticano con la serie televisiva di Zerocalcare, preciso che mo’ solitamente significa “adesso”, ma in questo caso, per una eccezione linguistica, significa “tanto”, e dunque la frase si traduce così: “Hai ragione, ma io è da tanto che sono arrabbiato”.
Ecco, ora tutto è chiaro. Tanta gente si trascina dietro frustrazioni, malumori, infelicità di vario genere e per scaricare tutto questo fango ribollente ogni occasione è buona, anzi a volte le occasioni vanno inventate, altrimenti si rischia di soffocare nella melma interiore. Così, quando vediamo tutta l’aggressività e la rabbia dei No vax dobbiamo capire che più che contestare i vaccini stanno contestando in modo ringhioso e cieco la loro stessa vita, che per mille motivi, spesso comprensibili e rispettabili, arranca nel malumore cronico. Altra cosa è la protesta degli studenti: allegra, fiduciosa, positiva. Loro non hanno alle spalle un lungo passato fatto di sconfitte e scontentezze, hanno davanti un futuro che immaginano felice e giusto.
I miei studenti di Torre Maura non avevano mai scioperato, sempre ligi e rispettosi delle norme, ma stavolta invece si sono rifiutati di entrare a scuola per tre giorni, hanno appeso al cancello cartelloni colorati e hanno chiesto un incontro con il preside per esporre le loro richieste. Richieste semplici, concrete, comprensibili. Lo scaglionamento delle entrate a scuola obbliga molti ragazzi a uscire alla fine dell’ottava ora, cioè alle 15.20. Poi c’è il lungo viaggio di ritorno, autobus, metro, chilometri a piedi nel buio che avanza, e si ritrovano a casa verso le cinque del pomeriggio. A questo punto devono mangiare – cos’è, pranzo, cena? – perché a scuola il piccolo bar è stato chiuso e non c’è nemmeno una macchinetta per prendere una bottiglia d’acqua o un tramezzino avvolto nella plastica. Per di più il riscaldamento, per oscuri motivi, è regolato dalla Regione e poco prima di mezzogiorno viene spento: i grandi spazi della scuola, aule, corridoi, padiglioni, si raffreddano in un battibaleno, e bisogna resistere nel gelo fino alle tre e venti. Insomma, gli studenti avevano le loro buonissime ragioni e hanno saputo manifestarle con tutta la gioiosa vitalità dell’adolescenza. Il piccolo bar riaprirà tra due giorni, il riscaldamento probabilmente sarà mantenuto più a lungo, e si sta studiando anche il modo si accorciare almeno di un’ora l’orario scolastico.
C’è tanto da insegnare a questi ragazzi, ma c’è anche tanto da imparare. Hanno ancora tante belle speranze dentro di loro, la vita non li ha ancora amareggiati e resi ostili a tutto. Cercano solo ascolto da parte degli adulti, immaginano, sperano, forse si illudono che tutto possa andare meglio perché sentono che l’energia della vita è dalla loro parte. Bisognerebbe far incrociare le due manifestazioni di protesta: quella cupa, sospettosa, minacciosa dei No vax e quella tambureggiante e sorridente degli studenti. Forse i primi apprenderebbero qualcosa dai secondi, e forse all’improvviso, proprio come è accaduto a quel cagnaccio alla guida del Suv, nella loro mente si accenderebbe una piccola lampadina, quel po’ di luce necessario a decifrare meglio la loro condizione, e forse ognuno d’improvviso si direbbe: “E’ vero, è così, ma io è da mo’ che so’ ’ncazzato”.