Lapresse

Manca solo il tar

La trattativa stato-maturità è un pezzo raro di contemporaneità italiana

Andrea Minuz

Ministro assediato, piazza infuocata. Tornano le due prove scritte, ma il dissenso è trasversale. E nel birignao più tipico del paese si chiede di far emergere il “vissuto” degli studenti

La trattativa stato-maturità è un pezzo raro di contemporaneità italiana. Il ministro è assediato, la piazza è infuocata, si attende l’ingresso in scena del Tar del Lazio, l’unico in grado di poter bocciare tutti. È in effetti abbastanza inaudito non aver chiesto prima un parere e un’opinione agli studenti su come volessero essere esaminati a fine anno (“non siamo stati consultati sull’esame di stato, ora basta!”). E non piace a nessuno la svolta autoritaria del ministro Bianchi. Una manovra eversiva. Un golpe contro la scuola e la democrazia mascherato da “ritorno alla normalità”. Due anni fa, nella prima maturità dell’èra Covid, gli studenti inglesi scesero in piazza per protestare contro il perfido e macchinico algoritmo che li avrebbe valutati al posto dei loro professori umani (siamo del resto nella patria del neoliberismo sfrenato, e lì il voto alla maturità è davvero decisivo per l’iscrizione all’università).

 

La soluzione italiana è assai meno orwelliana e, va da sé, più comprensiva e umanistica, come da tradizione. Il ripristino di due prove scritte, il tema d’italiano e la prova d’indirizzo, pensata e progettata dagli istituti, per provare a ripartire dalle basi. Ma il carattere non nazionale della prova diventa subito “discriminazione”, spiegano i piani alti della scuola. La piazza s’incendia: non ci avrete mai! Il dissenso è adesso trasversale: studenti medi, liceali, presidi, consulte, sindacati, persino un richiamo di Mattarella, e una lunga nota del Consiglio superiore della Pubblica istruzione. Nel birignao più tipico del nostro tempo, il Consiglio chiede una prova sostitutiva e una modalità d’esame che siano capaci di “far emergere le esperienze vissute dello studente”.

 

E si capisce che tra il “vissuto” e la prova scritta non c’è gara. Il passaggio dallo studio “matto e disperatissimo” a una contrattazione di tipo sindacale col ministero, per una maturità più “dal basso” e condivisa, non deve spaventare. L’importante è che ognuno faccia il suo lavoro: studenti e studentesse studino, si capisce, nel frattempo lo stato garantisca sempre e comunque un percorso lineare e orizzontale che ci catapulta dall’asilo all’università, senza ostacoli, sorprese, colpi bassi, diseguaglianze. Nel vecchio mondo di ieri la nostra generazione subì in massa, e passivamente, la feroce e profonda ingiustizia delle “interrogazioni a sorpresa”, con la loro discriminazione stocastica. Oggi non possiamo che solidarizzare con le ragioni profonde della protesta. La motivazione è nobile. Si vada avanti.

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