diario di scuola
Lode alla Lim, che accende l'attenzione dei ragazzi e anche dei prof.
Se fino a pochi anni fa non c'era rimedio alla noia della lezione frontale, oggi si possono guardare film, ascoltare musica, zoomare sui quadri. La lavagna elettronica è un rimedio al fiume di parole che annega i ragazzi e porta gli insegnanti a sentirsi inutili
"A professò, oggi se vedemo un bel film?", domanda Michele, che non ha proprio una voglia matta di studiare e che durante le lezioni spesso guarda trasognato fuori dalla finestra. Come lui, tanti studenti faticano a incanalare le energie dei sedici anni verso le spiegazioni degli insegnanti. Anche io, del resto, alla sua età soffrivo da morire in classe, il prof. parlava parlava e le parole morivano a mezz’aria, non mi arrivava quasi niente di quella nenia monotona e dopo poco emigravo con la mente verso imprecise fantasie, o verso il nulla. La cosiddetta lezione frontale pretende che il professore sia una persona straordinariamente brillante, un istrione capace di intrattenere, affascinare, coinvolgere e così riuscire a piantare i semi della conoscenza nei corpi di ragazzi che hanno mille altri problemi e mille altri desideri. Non basta sapere perfettamente la propria materia, bisogna possedere doti da mattatore, recitare, scherzare e poi di colpo piazzare la stoccata vincente, suonare tutti gli strumenti della persuasione per tirarsi dietro quei topolini distratti. Una faticaccia che non tutti gli insegnanti riescono a reggere, e allora spesso emerge lo sconforto, il dubbio di non essere in grado di trasmettere tutto quello che si è studiato per anni e anni. “Io parlo, spiego, ma nessuno mi segue”, dice il professore preparato ma sconfitto dall’indifferenza generale. E così molti prof. cadono nel burn out, cioè sentono incenerirsi le loro energie, si avviliscono, si sentono inutili.
Ma rispetto a venti o anche solo dieci anni fa, le cose sono cambiate parecchio. I ragazzi di oggi sono mille volte più fortunati. Quasi ogni classe dispone di una Lim, cioè di una lavagna elettronica che in un attimo si collega a internet, e così le lezioni possono arricchirsi immensamente. Pochi giorni fa, ad esempio, cercavo di spiegare il Romanticismo in quarta: avevo due ore, potevo sommergere gli studenti di parole, ma so che in breve li avrei persi. Ma grazie alla Lim la lezione si è meravigliosamente animata. Ho raccontato di come è nato “Frankenstein”, il capolavoro del romanzo gotico, l’ingresso del mostruoso, dell’inquietante, dell’ombra nella letteratura romantica: Mary Shelley, suo marito Percy Shelley, Lord Byron e il medico John William Polidori si ritrovarono in una villa sulle sponde del lago di Ginevra, il tempo era inclemente e così decisero, per gioco, per sfida, di scrivere ognuno una storia spaventosa. Polidori scrisse “Il vampiro”, Mary Shelley “Frankenstein, il moderno Prometeo”. E a questo punto ho acceso la Lim e ho fatto vedere ai ragazzi alcuni momenti del film di Kenneth Branagh, con De Niro nella parte del mostro costruito con pezzi di cadavere. Be’, un successo! Gli studenti erano incantati davanti a quelle immagini fantastiche, e molti mi hanno detto che forse avrebbero letto anche il libro, perché la storia li aveva conquistati.
Ma il Romanticismo non è fatto solo dalle streghe dei fratelli Grimm e dai cimiteri notturni, è anche la scoperta di una nuova sensibilità, di un’interiorità che freme e tende all’assoluto, di un’oscurità in cui vibrano delicati sentimenti. E allora, negli ultimi quindici minuti di lezione, quando li vedevo già un po’ stanchi dopo i brividi di Frankenstein, grazie alla Lim ho fatto ascoltare due notturni di Chopin suonati da Pollini. Musica romantica, che carezza l’anima, note che producono nuovi pensieri. E anche questa scelta è piaciuta, a ragazzi che di solito ascoltano solo musica trap. Insomma, oggi si può fare lezione utilizzando tanti materiali diversi, che un tempo sarebbero costati ricerche infinite e ora sono a portata di un clic. E ripensavo ai giorni noiosissimi della mia scuola, zitto e buono a subire spiegazioni monocordi, a sperare solo che il prof non si interrompesse per domandarmi qualcosa a bruciapelo. E anche i miei professori di allora si annoiavano, costretti a ripetere le stesse cose ogni anno, a ripetere quello sbadiglio infinito. “A professò, se vedemo un film anche oggi?”. Oggi no, dai, oggi vi voglio far vedere dei quadri romantici del Goya, di Friedrich, di Géricault, sono sicuro che vi possono piacere. “E vabbè professò, vedemose sti quadri… però un film era mejo”.