una storia d'amore sbilenca
L'ingiusta condanna alla preside del Montale, umiliata perché innamorata
Forse bisognerebbe tenere separati lavoro e sentimenti, ma la vita ci mostra che non sempre è così, che Eros è cieco e tira le sue frecce dove vuole. In questo caso è in corso una persecuzione mostruosa, mossa da una crudeltà gratuita
Ma la preside del liceo Montale di Roma, rea di aver avuto una breve relazione con uno studente diciannovenne, si merita la lapidazione morale che sta subendo? E’ davvero così imperdonabile quello che ha fatto, è una maliarda odiosa che ha approfittato orrendamente della giovinezza e dell’ingenuità di un ragazzo? E’ così necessario pubblicare i suoi messaggini scritti e vocali per demolirla spietatamente, per sbatterle sulla schiena il macigno dell’ignominia, per distruggere forse per sempre la sua vita? A me, in tutta sincerità, sembra una persecuzione mostruosa, un accanimento ferocissimo, una crudeltà gratuita, ingiusta, sadica.
Nel mio lungo percorso nella scuola, ho sentito più di una volta storie di insegnanti maschi che hanno perso la testa per una loro studentessa, e anche storie di studenti che si sono innamorati di una loro professoressa. Nell’amore può accadere di tutto, lo sappiamo bene. Non esiste uno standard sentimentale che si ripete identico in ogni relazione: età perfettamente calibrate, corteggiamenti rituali, dichiarazioni con mazzi di rose rosse e richieste di matrimonio in ginocchio, con l’anello di brillanti nella scatolina di velluto nero. A volte succede qualcosa di imprevisto, uno scarto dai binari fissati, una passione che stravolge ogni regoletta. E’ una tempesta inattesa, fulmini e tuoni scatenati dal cuore e dal desiderio, che non si fermano davanti a un ombrellino.
Certo, qui c’è una questione professionale che pesa, tra una preside e uno studente i rapporti dovrebbero essere di altro genere, ma quante volte un manager si invaghisce della sua segretaria, un dentista della sua giovane assistente all’igiene dentale, un allenatore della sua giovane atleta? Forse deontologicamente è sbagliato, forse bisognerebbe tenere separati lavoro e sentimenti, ma la vita ci mostra che non sempre è così, che Eros è cieco e tira le sue frecce dove vuole, colpisce a caso, dispettosamente, chi gli passa davanti. Immagino lo strazio della preside, i morsi nella carne, i tentativi di dimenticare, di cancellare, di chiudersi da sola nel silenzio del suo ufficio. Ma non ce l’ha fatta, ormai era trafitta dal dardo velenoso della passione.
E anche il ragazzo forse avrebbe potuto tirarsi indietro, farsi una risata e riprendere a corteggiare la compagna di classe. Ma non è stato così, e nessuno ha diritto di condannare e punire la protagonista di questa storia sbilenca, partita male e finita peggio, nessuno deve sentirsi felice e soddisfatto di scagliare la prima pietra. La vita e l’amore sono misteriosi, a volte scandalosi, si amano i giovani Montecchi e Capuleti, si amano i cognati Paolo e Francesca, Lancillotto ama Ginevra, moglie del re, Humbert Humbert ama Dolores Haze, tutto è rischioso e confuso, eppure accade. Nessuno deve essere mortificato perché si è innamorato della persona sbagliata. E’ semplicemente il caos ardente del cuore, dove mettere ordine è pressoché impossibile.
Forse, potendo tornare indietro, la preside non avrebbe fatto quello che ha fatto: ma forse no, forse farebbe tutto da capo, perché resistere alla bufera dell’amore non è permesso. Per questo non deve essere umiliata, calpestata, disintegrata. Se ha sbagliato nel suo lavoro, sia redarguita. Se ha solo amato, sia perdonata.