diario di scuola
Consumi culturali di nuovo in crisi. Due ore in silenzio al cinema non resiste nessuno
Il Bonus cultura a docenti e diciottenni è stata una bellissima idea, ma qualcosa non ha funzionato. Bisognava proprio includere pc, tablet e simili tra gli acquisti coperti? Resta il problema di fondo: i ragazzi non leggono
Pochi giorni fa mi hanno telefonato dalla redazione di “Fahrenheit”, la quotidiana trasmissione culturale di Radio 3, per chiedermi di partecipare a una discussione sul crollo dei consumi culturali di questi ultimi mesi. Purtroppo per l’ora prevista avevo già un impegno e così ho dovuto declinare l’invito: e forse non avrei saputo nemmeno dare valide spiegazioni per questo collasso. A quanto pare, durante la fase più acuta della pandemia le percentuali di vendita dei libri sono cresciute parecchio, mentre adesso il tracollo è tremendo. Anche i cinema arrancano, molti hanno chiuso già prima della crisi, e non va molto meglio ai teatri.
Per antica e mai mutata abitudine, la mattina compro il giornale lungo il percorso che mi conduce a scuola, e con me porto sempre un libro, casomai ci fosse un’ora di buco, un tempo morto. Però in effetti mi sono accorto di essere pressoché l’unico ad avere con sé qualcosa da leggere, i miei colleghi, soprattutto i più giovani, non sembrano particolarmente attratti da libri e giornali. Sono presi dalle infinite relazioni da consegnare, dai moduli da compilare, dalle mille incombenze burocratiche.
Quando il ministero mi contattò per avere qualche idea, all’epoca della riforma della Buona scuola, io suggerii il Bonus per i docenti, e fui davvero felice quando la mia proposta fu accolta. Cinquecento euro l’anno che ogni professore può spendere in libri, cinema, concerti, conferenze, mostre d’arte: io ne ho fatto ampiamente uso, e ogni volta mi sono sentito quasi orgoglioso per quel piccolo privilegio, mio e di tutti i prof. Tra l’altro moltiplicando cinquecento euro per sei/settecentomila insegnanti (e poi anche per i 500.000 diciottenni, ai quali è stato esteso questo prezioso regalo) appare una bella cifra, una vitale boccata d’ossigeno anche per case editrici, librerie, produzioni teatrali e cinematografiche, ai quali questi soldi benedetti sono arrivati.
Però evidentemente qualcosa non ha funzionato come doveva, visti i recenti risultati in calo vertiginoso. Un errore, a mio avviso, è stato quello di inserire tra i possibili acquisti coperti dai 500 euro anche computer, tablet e tutti gli accrocchi elettronici immaginabili. A scuola sento che spesso i prof. hanno indirizzato il piccolo gruzzolo proprio su queste spese, piuttosto che su concerti e film. Oppure sull’acquisto dei libri di scuola per i figli. Insomma, pochi investimenti culturali, ed è un vero peccato, perché io avevo immaginato che anche grazie a quei soldi i prof. potevano aggiornarsi su quanto di nuovo appare nel mondo della cultura: un aggiornamento concreto, reale, non solo corsi di didattica spesso astratti e fumosi. Questo per quanto riguarda gli adulti.
I ragazzi semplicemente non leggono quasi nulla. Va benino l’editoria rivolta ai più piccoli, libri di favole, di avventure per i bambini, ma l’arrivo dell’adolescenza e dello smartphone cancella tutto. Provo a suggerire romanzi che potrebbero interessare, ma sono proposte che precipitano nel vuoto. Anche il cinema è un’abitudine quasi perduta: interessano i filmoni Marvel con i supereroi e basta. Qualche studente mi ha serenamente confessato di non riuscire a stare seduto, fermo, zitto e buono, per due ore, di non riuscire a concentrarsi così a lungo. Il cinema, invece di essere un piacere, diventa una tortura. Insomma, il mondo cambia velocemente e oggi non c’è grande interesse verso la cultura.
La guerra probabilmente ha dato un’altra bella mazzata: ubi maior, minor cessat, nella mente entrano pensieri angosciati, silenziose paure, un senso di pericolo che si allarga in ogni direzione, e non c’è più tempo né voglia per leggere un libro. Gli ultimi anni sono stati dominati dalla ricerca di una nuova narrazione: tutto deve essere narrato, tutto deve trasformarsi in una storia avvincente. Ma ora non basta più, forse perché la Storia ha preso il sopravvento sulle mille minime storie, che non interessano più. Ci sentiamo in balia degli eventi e non abbiamo più l’attenzione necessaria per ascoltare ancora una storia familiare, una crisi individuale, un’angoscia privata. Stiamo fermi, aspettiamo di capire cosa accadrà, buttiamo l’occhio di continuo sul telefonino: e sugli scaffali delle librerie romanzi e saggi si coprono di polvere.