diario di scuola
Ci vuole più Educazione fisica per i ragazzi spalmati sui banchi dalla pandemia
Questi ragazzi fanno pochissimo sport. Alcuni vanno in palestra puntando alla creazione della leggendaria tartaruga addominale. Ma il modo profondo per conoscere se stessi, i propri limiti, la propria capacità di soffrire e di mettersi in gioco insieme agli altri è un altro
Guardo i miei studenti mentre entrano o escono da scuola: il passo lento, trascinato, le spalle un po’ piegate, dondolanti, pochissima energia che sprizza dai quei corpi giovani. Io vado sempre di corsa, per nevrosi innata, per inquietudine, ma anche per sentire che il fisico ancora risponde, per avvertire quello che resta di un’energia vitale. Non so quanto anni ho trascorso giocando a pallone, prima nei cortiletti, nei giardini e poi nei campi in pozzolana di tutta Roma. Due allenamenti a settimana e il sabato la partita, con la squadra composta da amici del liceo, e dagli amici degli amici: sudore, botte, poche vittorie, ma un piacere infinito di correre avanti e indietro sulla fascia sinistra, endorfine che mi riempivano di uno strano piacere e scioglievano ogni malinconia.
E poi il ping pong: pomeriggi interi passati a schiacciare una pallina nel campo opposto, a saltare come un grillo per recuperarla quasi a terra. Sono arrivato a giocare in una squadra di serie C, mi sono divertito da matti e ho girato meglio che potevo la carica del mio meccanismo muscolare. E poi lo sci, il nuoto, la corsa: mai stato forte davvero in nulla, ma quanta vita ho sentito scorrere dentro di me, quanti compagni di gioco e di sport ho conosciuto, quanta socialità e quanta allegria.
Oggi i ragazzi purtroppo fanno pochissimo sport, alcuni vanno in palestra puntando alla creazione della leggendaria tartaruga addominale, alcuni frequentano scuole di ballo, ma la maggior parte non fa proprio niente. Fare sport costa soldi e fatica, e così si rimane sul divano a smanettare il cellulare. Compito della scuola dovrebbe essere anche quello di curare la forma fisica degli studenti, aumentando le ore di educazione motoria, coinvolgendo tutti quanti nello sport. Ho letto che ci sono nazioni come la Slovenia o la Croazia dove lo sport a scuola viene praticato ogni giorno: matematica, scienze, letteratura, lingue straniere, ma anche corsa, salti, pallavolo, basket, per formare al meglio la mente e il corpo degli studenti.
Da noi invece l’Educazione fisica è la Cenerentola delle materie, una pausa tra un’interrogazione e una spiegazione. Alle elementari neppure esiste l’insegnante di Educazione fisica, se ne occupa senza molto entusiasmo una delle maestre, che se può salta la lezione. Perché potrebbe persino accadere che un bambino si faccia male, che si sbucci un gomito o un ginocchio, che si storca una caviglia, e i genitori potrebbero protestare, addirittura fare causa alla scuola, alla maestra, chiedere soldi… Meglio lasciar perdere, oppure far studiacchiare ai bambini la struttura del corpo umano, quattro immagini e tre didascalie, senza uscire dalla classe, senza avventurarsi nei rischi e nei pericoli del cortile.
Le mille riforme della scuola italiana di questi anni hanno sempre lasciato in un angolo l’Educazione fisica. Si aggiungono ore di Inglese, di computer, di Diritto, di qualsiasi materia, si stimolano le menti, ma i corpi rimangono seduti e l’energia ristagna. Invece sarebbe importantissimo considerare la crescita del bambino e dell’adolescente in modo complessivo, una fusione armonica di mente e corpo, uno sviluppo totale.
Lo sport non è solo un bel passatempo, ma è un modo profondo per conoscere se stessi, i propri limiti, la propria capacità di soffrire e di mettersi in gioco insieme agli altri. Quante cose ho capito di me e della vita sul campo da calcio di Val Melaina o attorno al tavolo azzurro del ping pong: che ogni risultato è frutto di fatica, creatività, concentrazione, che nessuno ti regala niente, che ogni punto va vissuto intensamente, che sia vincente o perdente. Lo sport educa il corpo, ma anche i pensieri.
E allora rinnoviamo le palestre delle scuole, aumentiamo le ore di Educazione fisica, portiamo gli studenti in giardino, accendiamo e bruciamo le energie. Io vedo i miei studenti sempre stanchi, abbandonati sul banco, annoiati, persino un po’ depressi. Camminano piano, si muovono poco, ingrassano e si avviliscono. La pandemia è stata l’ultima mazzata: quasi tre anni di immobilità assoluta, prima l’obbligo e poi l’abitudine di rimanere fermi a casa. E’ ora di voltare pagina. Una traduzione di Latino in meno e una corsa in più, un’ora in meno in classe a penare e un’ora in più in palestra a spremere energia dal corpo, a farlo esultare.
generazione ansiosa