Prima gli studenti dovevano dimostrare quanto imparato esponendo una tesina; da ora ai ragazzi verrà chiesto di trovare collegamenti a partire da una fotografia, un dipinto, un verso, un frammento di una materia su cui costruire un discorso credibile e creativo. Un esercizio ambizioso, e forse, fuori portata
Non capisco perché ogni anno gli esami di maturità – oggi però si chiamano esami di stato – debbano cambiare forma e sostanza. Una smania irrefrenabile costringe i cervelloni del ministero ad apportare modifiche spesso incomprensibili, a rimescolare il mazzo delle carte, a confondere le acque. Prima gli studenti dovevano dimostrare quello che avevano imparato nel loro corso di studi, e così presentavano una tesina proprio sugli argomenti che più li avevano interessati, quelli specifici del loro corso, e poi magari collegavano attorno a quel tema le altre materie. Ricordo che pochi anni fa, prima della pandemia, sono stato membro esterno della commissione d’esame in un istituto tecnico romano, vicino a Piazza Vittorio: ebbene, in Italiano e Storia i ragazzi non erano dei fenomeni, in Inglese balbettavano un po’, ma ognuno di loro aveva costruito un robottino, ed era davvero una meraviglia vedere quei bizzarri meccanismi sollevare le loro braccette di metallo, spostare cubi, impilarli, sistemarli, seguendo gli ordini di una scheda di programmazione preparata perfettamente dai candidati. Io rimasi ammiratissimo dalle capacità di quei diciottenni, piccoli genietti della robotica.
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