Il liceo Newton a Roma (LaPresse) 

diario di scuola

La politica lontana per i ragazzi, che hanno altre priorità. E ora è la volta degli scrutini

Marco Lodoli

Oscuramente però capiscono che i soldi contano più delle idee, vaghe e confuse: intuiscono che è l’economia a muovere i pezzi sulla scacchiera, a creare occasioni o sfaceli. Sfaceli che rischiano di colpire anche adesso i bocciati. In tanti svaniscono: dove va a finire un sedicenne di borgata che non viene più a scuola?

Bassissima partecipazione alle elezioni per il sindaco di tante città e cittadine, e ancora meno per i referendum sulla giustizia, votati solo da un italiano su cinque. Il disinteresse e la sfiducia verso la politica sono evidenti per chi insegna a scuola e sta tutti i giorni a contatto con i ragazzi, molti dei quali hanno già diciott’anni e potrebbero recarsi alle urne, ma non ci pensano proprio. Non seguono per niente le polemiche tra partiti e coalizioni, è un mondo più lontano dell’ultimo pianeta della galassia, dove si parla una lingua impossibile da decifrare, un idioma cifrato, astratto e astruso. A malapena sanno che Draghi è il primo ministro e Mattarella è il presidente della Repubblica: il resto è fumo che si dissolve nel nulla prima di arrivare a loro, è un vago rumore di fondo che esce dalla televisione mentre sono a cena. E’ come se avessero capito che quelle chiacchiere non potranno mai modificare in meglio la loro vita, che sono parole scambiate dentro un club esclusivo, indifferente a quello che accade fuori, per le strade battute dai rider, nei quartieri abbandonati a se stessi, nei malpagati posti di lavoro e nel deserto del non lavoro.

  

I ragazzi faticano anche a cogliere le differenze tra la destra, la sinistra e il centro, tra le posizioni più liberal e quelle più socialiste, tra Berlusconi, Letta, Conte, la Meloni e tutti gli altri interpreti della politica italiana. Oscuramente però capiscono che i soldi contano più delle idee, vaghe e confuse: intuiscono che è l’economia a muovere i pezzi sulla scacchiera, a dividere regine e re dai pedoni, a creare occasioni o sfaceli. Le idee sono un lusso che ora non è possibile permettersi, almeno nelle borgate dove insegno, ciò che conta è la lotta per la sopravvivenza, la tremenda selezione naturale e sociale, i mille euro da raggiungere a tutti i costi appena la scuola sarà finita. E si preoccupano per altre cose essenziali: “A professò, ma che caldo fa? Perché non piove mai? Ho visto le foto di certi laghi e certi fiumi africani che ormai sono delle pozzanghere, delle strade di sassi… Se non si fa qualcosa per l’ambiente, tra cinquant’anni non avremo neanche un bicchiere d’acqua da bere…”.

 

E anche la difesa delle varie inclinazioni sessuali è sentita come una richiesta di vera democrazia, una battaglia necessaria: “Professò, ma io le toglierei tutte ’ste sigle che indicano come sei fatto, chi ti piace, chi non ti piace… io direi che siamo tutti ‘persone’ e basta, e ogni persona è libera di essere ciò che è, senza etichette…”. E così dagli studenti imparo quali sono le priorità per cui spendersi, e forse i nostri politici dovrebbero venire qualche volta a scuola ad ascoltare queste voci un po’ sgrammaticate ma lucide nell’indicare quali sono i problemi reali: il lavoro, l’ambiente, la dignità umana. Il resto per adesso ai ragazzi sembra solo un diversivo, vento nel vento. E sentono che la scuola in fondo è un luogo dove in modo naturale regnano la solidarietà, la comprensione, la cultura, valori che fuori dal cancello svaniscono in un battibaleno. Fuori bisognerà sgomitare, lottare contro gli altri per avere uno straccio di stipendio, farsi crescere il pelo sullo stomaco e dimenticare ogni sentimento d’amicizia. A scuola si è protetti da un principio di civiltà, c’è attenzione per i disabili, i fragili, i diversi, e nessuno viene lasciato indietro.

 

E ora è iniziata la settimana degli scrutini, che io ho sempre patito un po’, e adesso, dopo gli anni della pandemia e della depressione, ancora di più. Mi fa sempre male vedere che qualcuno viene respinto, qui in borgata il rischio dell’abbandono scolastico è fortissimo, tanti ragazzi svaniscono nel nulla dopo una bocciatura: ed è un nulla tremendo, pericolosissimo, mortale. Dove va a finire un sedicenne che non viene più a scuola? Chi, cosa c’è ad aspettarlo ogni mattina, al risveglio a mezzogiorno? 

 

So che bisogna essere giusti e rigorosi, ma so anche che per molti ragazzi la scuola è l’unica speranza di salvezza. Per questo, dalle colonne del giornale, chiedo a tutti gli insegnanti di essere più clementi, almeno quest’anno, dopo la bufera del Covid, nella crisi economica che stiamo traversando. Non abbandoniamo mai gli ultimi: questa è sempre la politica migliore, quella che anche i partiti dovrebbero seguire, se non vogliono essere abbandonati dai ragazzi.

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