spazio okkupato
Sul non senso di rivietare i cellulari in classe
Quell’impazzimento conservatore di Valditara & Co. contro la tecnologia non serve a niente. Il rischio è che per riaffermare l’autorità si perda l’autorevolezza
Qualche settimana fa, per colpa di un articolo scritto per questo giornale, sono andato a cena con il ministro Giuseppe Valditara, Elsa Fornero e Bruno Vespa, per la trasmissione condotta da Maria Latella per Sky. A parte l’imbarazzo di sentirmi intrappolato in un film di Buñuel, ma senza Buñuel, ho avuto la sensazione di avere davanti un autentico conservatore, un preside all’antica con una concezione per molti versi opposta alla mia che rivendicava con educazione la propria visione del mondo, nella certezza di avere subìto per decenni l’egemonia culturale della sinistra ma di avere finalmente il popolo con sé.
Nel merito si discuteva del merito, che il ministro sostiene essere l’unica arma a disposizione dei poveri per migliorarsi e diventare magari anche ricchi. Ho ribattuto che il merito è un concetto ambiguo perché confonde il giudizio morale (merita chi è migliore) con quello sulla natura della persona (merita chi è più forte), e che comunque il merito presuppone l’idea che la vita sia una lotta in cui è giusto che vinca il più forte o il più adatto. La discussione è proseguita finché non è arrivato Bruno Vespa a magnificare l’educazione militaresca ricevuta nel suo liceo a L’Aquila e a pregare il ministro di vietare i telefonini in classe, offrendosi addirittura, nel caso, di edificare personalmente un monumento in suo onore.
Ho provato a rispondere che a scuola i telefonini sono già vietati, che grazie al digitale i ragazzi e le ragazze scrivono e leggono più che in ogni altra epoca (come scrivano è un altro discorso, ma non è che in passato fossero tutti Leopardi) e di non confondere la nostalgia per la propria giovinezza con la speranza di un futuro migliore. E’ stato tutto inutile: in un istante è andato in scena l’eterno spettacolo dell’O tempora o mores o smartphone, e i telefonini si sono trasformati nel diavolo corruttore contro cui lanciare una crociata santa per riaffermare l’ordine e la disciplina nel mondo. Ci sono voluti un po’ di giorni, ma la crociata è iniziata: l’altro ieri il ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara ha emanato una circolare identica, nel merito, a una precedente circolare emanata nel 2007 dall’allora ministro dell’Istruzione e Basta Giuseppe Fioroni (15 marzo 2007 n. 30). La circolare – si chiamano così perché a volte ritornano – ribadisce il divieto di usare i telefonini in classe, se non autorizzati dai docenti per scopi didattici, ma non introduce sanzioni nuove rispetto a quelle già non introdotte nel 2007.
Per farla breve, non c’è nulla, proprio nulla, di nuovo rispetto a quindici anni fa. Eppure la non notizia è stata rilanciata da siti, giornali e televisioni e social network, e per un pomeriggio il ministro ha potuto beneficiare di un’attenzione che gli mancava dai giorni in cui aveva elogiato pubblicamente l’“umiliazione” come fondamentale strumento di crescita (salvo poi correggersi e parlare di “umiltà”). La dimostrazione più lampante dello strapotere del digitale e dei social sul vecchio mondo analogico, e il segno del suo irreversibile tramonto, è il fatto che un tradizionalista come Valditara abbia scelto di comunicare come l’ultimo degli influencer, lanciando annunci su un piano esclusivamente mediatico, ma senza alcuna attinenza con la realtà.
I telefonini distraggono dalle lezioni e ci vuole rispetto per gli insegnanti, ha detto il ministro, cercando e, ovviamente, trovando l’approvazione generale. Sono parole di buon senso, condivise da professori, genitori e certamente dalla maggioranza degli studenti. Non si capisce, perciò, come la circolare possa ispirarsi e riferirsi – lo ha fatto notare su Twitter la neuropsicologa Tiziana Metitieri – a una relazione approvata dal Senato il 9 giugno 2021 che sembra scritta da Guglielmo Savonarola.
Nel documento, che rivendica evidenze scientifiche inesistenti, i telefonini sono paragonati alla cocaina e si legge: “Non è esagerato dire che il digitale sta decerebrando le nuove generazioni, fenomeno destinato a connotare la classe dirigente di domani”. Anche qui niente di nuovo: alla fine dell’Ottocento ci fu chi predisse che gli esseri umani sarebbero impazziti a causa dell’eccesso di luce elettrica e dell’aumento delle comunicazioni. Forse l’impazzimento ha già colpito uomini comuni e classi dirigenti, ma certamente, dopo Spid, Pos, Sim e forse Lim, è sulla tecnologia che l’istinto conservatore, per non dire reazionario, dell’attuale governo si manifesta in modo più chiaro. Purtroppo i bambini ci guardano, e pure i ragazzi, e sono un po’ sconcertati dal fatto che, per avere attenzione mediatica, si possa rivietare quello che era già stato vietato. Il rischio è che per riaffermare l’autorità si perda l’autorevolezza.