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Studenti e caro affitti. Ma il primo problema è che l'Italia ha troppo pochi universitari

Lorenzo Borga

Secondo l'Eurostat, nell’Ue in età da lavoro circa una persona su tre è laureata. Da noi la laurea la può esibire poco più di un lavoratore su cinque. Siamo penultimi. E questo può mettere a rischio la sostenibilità economica del paese

La polemica sul caro affitti ha dimenticato un dato fondamentale. L’Italia ha troppo pochi studenti universitari. E nonostante ciò una parte dell’opinione pubblica alle lamentele degli studenti ha saputo rispondere solamente con accuse di essere figli di papà che vogliono vivere in centro città a pochi metri dalle aule di lezione.

   
Ma la carenza di studenti in Italia è un problema serio, chepuò mettere a rischio (ancor più di quanto già non lo sia) la sostenibilità economica del paese. Secondo i dati Eurostat, nell’Unione Europea in età da lavoro (25-64 anni) circa una persona su tre è laureata. In Irlanda si arriva addirittura a superare la metà, grazie ai moltissimi lavoratori ad alta qualifica attratti da Dublino e dal suo distretto tecnologico e finanziario (a bassa tassazione). In Francia e in Spagna si supera il 40 per cento, in Germania il 30. E in Italia? Da noi la laurea la può esibire poco più di un lavoratore su cinque. Siamo penultimi in Europa in questa classifica, dietro di noi solo la Romania che ben presto potrà superarci sulla base del trend degli ultimi anni. Una magra figura per il paese in cui sono state aperte le prime università al mondo. Non va molto meglio negli ultimi anni. Se restringiamo la ricerca ai giovani, cioè a chi ha tra i 25 e i 34 anni, l’Italia risulta ancora in penultima posizione. Nel 2022 solo il 29,2 per cento in questo range d’età aveva completato un ciclo di studio terziario, ancora una volta davanti solo alla Romania. Tra i giovani spagnoli più della metà può vantare una laurea, in Francia il 49 per cento, in Germania il 37.

 
Di fronte a numeri così impietosi, appare paradossale addossare la colpa agli studenti universitari che lamentano il forte rincaro avvenuto negli ultimi anni per gli affitti. Per di più in un paese in cui ancora non tutti gli universitari idonei possono beneficiare delle borse di studio previste per i meritevoli, anche se privi di mezzi, come prescritto dalla Costituzione. Una vergogna che coinvolge fortunatamente sempre meno studenti, ormai meno del 5 per cento, ma non ancora debellata. Non va molto meglio per gli studentati: le stanze messe a disposizione sulla base del merito e dell’Isee a canoni agevolati sono poche decine di migliaia, a fronte a quasi 700 mila studenti fuorisede. La copertura in Italia non raggiunge neanche il 5 per cento, mentre in Germania i posti letto a disposizione coprono il 12 per cento della popolazione studentesca e in Francia oltre il 13. E i fondi europei stanziati con il Pnrr sono serviti per la costruzione di posti letto che vengono messi in affitto per gli studenti a basso reddito anche a 800 euro al mese.

 
Eppure in tutto questo a chi protesta è stato rinfacciato che la retta universitaria copre solo una parte minoritaria delle spese per professori, aule universitarie e attività ricerca, coperte per il resto dalla fiscalità generale. Un invito a mostrare evidentemente gratitudine, e mettere da parte le rimostranze. Dimenticandosi però che la crescita economica dell’intero paese dipende per una buona parte dagli studi che i giovani conducono all’università. Con una laurea in tasca, i giovani lavoratori che escono dall’università possono contribuire a espandere il business delle aziende con cui collaboreranno, o direttamente fondare nuove attività da imprenditori in prima persona. Oltre al buonsenso, sono le ricerche economiche a dirlo. Negli Stati Uniti è stato dimostrato che l’apertura di un nuovo polo universitario accresce il reddito medio dell’intera regione di circa mezzo punto percentuale. L’aumento della disponibilità di lavoratori qualificati porta a un miglioramento della produttività delle aziende che li assumono. O direttamente permette la creazione di nuove attività e rami di business aperti da imprenditori con la laurea in tasca. Le università peraltro contribuiscono alla crescita economica anche attraverso l’attività di ricerca, che può portare a innovazioni e brevetti di cui beneficiano le imprese.

  
Spingere gli studenti fuori dai centri storici per fare spazio ai turisti che alloggiano su Airbnb e Booking non pare una buona strategia per curare l’assenza cronica di produttività che colpisce l’Italia da oltre due decenni
. Il turismo mordi e fuggi, spesso a basso valore aggiunto e specializzazione, che soggiorna nelle stanze adibite ad affitti brevi potrà forse garantire un guadagno immediato ai proprietari di casa. Ma la perdita di capitale umano e qualificato di cui l’Italia soffre stando in fondo alla classifica europea dei laureati è un dramma che il caro affitti non può che peggiorare, se non si troveranno risposte efficaci.

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