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le solite polemiche

Svevo è come “Il Volo” della letteratura. Viva la maturità

Michele Masneri e Andrea Minuz

Brillante promessa, solito stronzo, venerato maestro e infine traccia d'esame: ecco le fasi dei migliori intellettuali italiani. I testi della prima prova sul banco degli imputati

Puntuale come ogni anno, dopo quelle sul 25 aprile e a seguire sul 2 giugno, ecco in vista del riposo estivo la polemica sulle “tracce della maturità (“La traccia della maturità” sarebbe anche un bel titolo, tipo “Il capitale umano”, o “L’Agenda di Giorgia”, senti come suona bene). Non si sa se esistano altri paesi in cui “la maturità” può contare su questo grumo di attese, aspirazioni, prestigio, e poi commenti a cascata sulle “tracce”, come accaduto ieri. Sembra in effetti un’ossessione tutta italiana. Di sicuro non è così in America, dove nessuno racconta con la lacrimuccia all’occhio i trascorsi nella high school, semmai focalizzandosi sugli anni dell’Università, gli sforzi per entrarci, scommettendo sull’agognata scalata sociale e il riscatto del debito poi.

Ma in Italia, dove l’università, online o in presenza, non conta quasi niente, coi laureati che sono pochissimi e sempre meno, la “maturità” assume contorni mitici. Diventa “rito di passaggio” di una società arcaica fatta di figli e genitori (e poi tutto un piccolo mondo antico di bella calligrafia, fogliettone a righe, culto dei classici, ma con un occhio sempre vigile e all’erta sull’attualità sospetta e le insidie della tecnologia). Le tracce della maturità diventano una questione centrale per il paese. Anche la politica si ferma, perché gli adulti sono i veri protagonisti di questa “prova”. E come i best speeches ai laureati di Tim Cook, Barack Obama, LeBron James, Oprah Winfrey, che poi circolano come video memorabili in rete, ecco il “videomessaggio” a Skuola.net di Giorgia Meloni, l’abbraccio ai laureandi di Renzi, il messaggio del Ministro, e tutta una gran trepidazione sui giornali. Un investimento di energie davvero smodato. Le tracce della maturità sono una versione “teen” delle nomine Rai: l’attesa  fatta di voci e smentite, poi le solite previsioni disilluse. Quest’anno si pensava un Calvino, per via del centenario, o Manzoni per il centocinquantesimo e il gran discorso di Mattarella, o don Milani, oppure l’evergreen Svevo, che esiste nell’immaginario solo come “traccia della maturità”, come quei cantanti fissi a Sanremo ma di cui non si parla mai durante tutto l’anno (Svevo è “Il Volo” della letteratura italiana). Si immaginava poi una traccia su ChatGPT formulata da ChatGPT. Si pensava naturalmente a un D’Annunzio, dato favorito dagli studenti, subito sintonizzati con la controegemonia e i desiderata del nuovo dg Rai, Giampaolo Rossi (“vorrei un cartoon su D’Annunzio”). Poteva essere il momento giusto per osare un Tolkien (analisi testuale di “Lo Hobbit”), magari una bella, audace, attualissima traccia sul Cav. (“L’Italia è il paese che amo, qui ho le mie radici, i miei orizzonti, le mie speranze”: commenta il brano proposto, elaborando una tua riflessione  sul vitalismo borghese berlusconiano). Macché. C’è “L’idea di Nazione”, testo di Federico Chabod, che per molti diventa subito segno di “maturità meloniana”, anche se Chabod fu partigiano in Val d’Aosta (e molti rich kids avranno pensato a uno spumante,  “ci siamo fatti una sciabolata di Chabod al Gilda a Forte dei Marmi”). C’è Oriana Fallaci. C’è Piero Angela. C’è la poesia di Quasimodo, che per molti sarà “Il gobbo di Notre Dame”, Disney. C’è anche la traccia “Inception”, la meta-traccia: la lettera scritta all’ex ministro Bianchi, in pieno Covid, nel 2021, attraverso la quale i firmatari – esponenti del mondo accademico – gli avevano rivolto un appello: ripristinare le prove scritte. Bianchi lo ha fatto un anno dopo, nel 2022. Gli studenti ora dovevano scrivere una lettera alla lettera  (boh: nel dubbio giù polemiche). Insomma un mondo intercambiabile e surreale, tra lettere a sé stessi, monologhi di Sanremo e tracce della maturità. Quella più apprezzata dagli studenti è pure molto meta, in tutti i sensi: “Elogio dell’attesa nell’era di WhatsApp”, con riferimento a un articolo di Marco Belpoliti, che così centra l’obiettivo di essere unica “traccia vivente” dell’anno, mentre tutte le mamme e i papà sono proprio in attesa che i rampolli riaccendano la chat terminato il compito e il rito di passaggio. “Notte prima degli esami”, rifatta oggi, parlerebbe di quattro mamme incollate al cellulare, e non di “quattro ragazzi con la chitarra”. In questi quarant’anni dal fatale 1984, quando venne scritto l’high school song italiano, i genitori sono infatti entrati in classe: col registro elettronico e tutto, sono loro che ieri stavano ansiatissimi di fronte alle chat “chiuse come le chiese quando ti vuoi confessare”, loro è il dramma, a postare su Instagram l’attesa, intanto ricordando, vagheggiando, rimembrando, con il diluvio dei ricordi sui social degli ex maturandi, oramai parenti boomer, ma che anche dopo trenta o quarant’anni sono in grado di rievocare con precisione inquietante le loro “tracce”. 

Ma i migliori delle nostre generazioni diventano tracce viventi. Prima di Belpoliti era toccato anche a Montanari qualche anno fa. Diventare traccia è il nostro Pulitzer. Bisognerà aggiornare la suddivisione delle grandi fasi dell’intellettuale italiano: brillante promessa, solito stronzo, venerato maestro, infine traccia della maturità.

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