Intelligenza artificiale al posto dei prof, un'ipotesi che non è pazza del tutto
Un futuro migliore del presente secondo Stuart Russell: “In questo modo, potremo garantire istruzione di livello elevato a qualsiasi bambino nel mondo”
Certo, bisognerà prodigarsi affinché ChatGPT non spieghi a un ragazzino come si fabbricano armi chimiche, ma un mondo in cui l’insegnamento sia affidato all’intelligenza artificiale è pronosticabile nel giro di una decina d’anni. Conversando col Guardian, Stuart Russell – forse il massimo esperto di AI a Berkeley – ha lanciato l’idea di un futuro senza cattedre né banchi, con molti meno insegnanti se non nessuno, e in cui agli studenti basterà un telefonino per demandare alle app di AI il ruolo di tutor. L’evoluzione segnerebbe il definitivo tramonto della scuola con classi e aule, così come l’abbiamo conosciuta dalle scuole gesuitiche del Seicento.
Naturalmente, la prospettiva è destinata a far gridare allo scandalo. Soprattutto in Italia, dove la didattica è imperniata su due concetti: la verifica delle nozioni e la missione apostolica dell’insegnante. Il primo elemento ha ridotto il dibattito sull’ingresso di ChatGPT nelle scuole a sterile discussione su come non far copiare gli alunni, ora che hanno in mano uno strumento fulmineo e onnisciente il cui uso non costa fatica. A nessuno pare essere venuto in mente che l’AI possa essere alleata di chi insegna, strumento da piegare alle strategie di apprendimento anziché arma di fine mondo per ragazzi indolenti.
Il secondo elemento è più intricato. La presenza di un legame spirituale fra docente e discente è stata la leva del progresso della didattica, soprattutto nell’ultimo secolo; ha consentito di superare dannosi paludamenti della scuola, ma ha anche diffuso l’idea che il suo obiettivo sia la coltivazione di sentimenti e valori, talora (semplifico) anche a discapito dei contenuti. E la scuola prevista da Russell, per ovvi motivi, non prevede più compagni di classe, pizzate di fine anno coi prof, momenti di condivisione emotiva che accompagnino la crescita.
Russell tuttavia non è uno scienziato pazzo, anzi. Di recente ha tenuto nella propria università un intervento di grande buon senso (sin dal titolo: “Come non distruggere il mondo con l’intelligenza artificiale”), che culminava nel paragone fra AI e aviazione. Entrambe sono infatti strumenti tecnologici senza precedenti, che consentono all’uomo di progredire accaparrandosi capacità fino mai attinte; hanno effetti potenzialmente devastanti e vanno perciò sottoposte a regole finalizzate al bene. Intervenendo qualche mese fa agli Stati generali dell’intelligenza artificiale organizzati da Class, ha ribadito che ChatGPT non genera contenuti allo stesso modo in cui lo farebbe un essere umano: non c’è pertanto rischio che lo soppianti del tutto.
Anche l’intervento sulla scuola si colloca nello stesso ordine di ragionevolezza. Russell ha in mente un contesto globale fondato su due dati: l’incremento complessivo dei discenti, specie nelle aree più povere del mondo; la maggiore qualità dell’apprendimento lì dove, all’insegnamento tradizionale, è stata sostituita la one-to-one tuition, un singolo docente che guida nella propria materia un alunno per volta. Combinandoli, appare evidente che avremo sempre più una pletora di giovani che non potranno permettersi gli studi e un numero di insegnanti inadeguato alle esigenze. Qui l’AI può essere di grande aiuto. Un ragazzo povero del sud del mondo imparerebbe la grammatica, la matematica, la biologia o la filosofia da una macchina che ha già ruminato il sapere specialistico di decine di migliaia di insegnanti, garantendo a costo zero il massimo progresso mai verificatosi nella diffusione delle conoscenze.
Russell non sta vagheggiando un brave new world ideale. Resta consapevole che le macchine costituiscano un rischio, sia perché l’alunno potrebbe risultarne indottrinato, sia perché gli oscuri procedimenti dell’AI risultano necessitano di venire indagati e regolamentati. Il futuro che immagina è comunque migliore del presente: “In questo modo, potremo garantire istruzione di livello elevato a qualsiasi bambino nel mondo”. Se a fornirgliela dovrà essere un insegnante automatico, meglio rassegnarsi che negargliela.