in classe
Orientatori benvenuti tra gli studenti che lanciano lo sguardo oltre la scuola
L'anno scolastico appena iniziato potrebbe segnare l'arrivo di qualcosa di diverso e innescare un procedimento irreversibile. Ecco le nuove figure negli istituti: docenti orientatori e i docenti tutor
Ogni anno scolastico differisce un po’ dal precedente e tutti sono uguali, ma questo che si accinge a iniziare potrebbe davvero segnare l’arrivo di qualcosa di diverso e innescare un procedimento irreversibile. Nel corso dell’estate, infatti, gli insegnanti che lo hanno desiderato hanno potuto seguire un corposo corso d’aggiornamento online messo a disposizione dal ministero, allo scopo di istituire due nuove figure negli istituti: quella dei docenti orientatori e quella del docente tutor, che li coordina. A loro viene affidato il compito di guidare gli studenti nel percorso che si affaccia oltre la scuola, non tanto dispensando consigli quanto affiancandoli nella ricerca di opportunità future e nella creazione di occasioni mirate di scoperta e approfondimento.
Che di per sé la novità sia stata accolta con un certo scetticismo è inevitabile. Anzitutto, non si tratta di una vera e propria novità: risale addirittura al 1997 il primo seme legislativo che – su impulso dell’Unione europea – invitava le scuole comunitarie a reimpostare la propria attività didattica in senso orientativo, ossia mirando non tanto alla trasmissione di contenuti quanto alla costruzione di competenze che consentissero agli alunni di operare scelte sensate nel corso della propria vita, sia accademica sia professionale. Inoltre, come sempre nella scuola italiana, il tentativo di cambiare le cose in concreto rischia di cozzare con la superfetazione burocratica che, il più delle volte, si risolve in due effetti: la rarefazione della proposta ad astratte questioni di lana caprina, in una sorta di empireo per teorici della didattica; la riduzione dell’attività alla vergatura di moduli umbertini, che spostano il baricentro dall’esecuzione di un progetto alla sua certificazione.
Sarebbe facile compilare uno sciocchezzaio dei dettagli superflui cui è stata sottoposta a priori la minoranza di docenti che ha voluto partecipare all’aggiornamento (in quale parte dell’e-portfolio andranno inserite le evidenze raccolte nel corso dell’anno scolastico sulle soft skills degli studenti?), per tacere delle astrusità sul mindset incrementale o sull’apprendimento socio-emotivo. Tanto vale però rassegnarsi, poiché si tratta di una sorta di rito di passaggio, un dazio da pagare al dato di fatto che, cambi pure il governo, la concezione ministeriale resta sempre quella di una scuola ideale eterna di cui bisogna compitare le norme più barocche e campate in aria, pur sapendo che non sono applicabili a una realtà costituita da istituti che, bene o male, se la cavano nel fango della concretezza.
Meglio sottolineare invece che l’attuazione di quest’antica direttiva comporta rilevanti novità di fatto, in quanto scardina due punti fermi, anzi due chiodi fissi dell’immobilismo scolastico. Introduce una differenza fra docenti, come aveva già invano tentato di fare la Buona Scuola, individuando (e finanziando) insegnanti che abbiano la vocazione e le competenze per poter guidare gli studenti nelle scelte di là dalla routine didattica, secondo le loro identità specifiche. Inoltre, inizia a svellere l’idea cristallizzata della classe, microcomunità artificiale e costante che nei fatti sta venendo superata da un tessuto sociale sempre più votato alla permeabilità e alle mutazioni rapide. Gli orientatori e il tutor non seguiranno infatti gli stessi alunni cui fanno lezione, bensì gruppi eterogenei selezionati in base agli interessi dei ragazzi e alle capacità dei mentori, creando un rapporto vivo fra singolo discente e singolo docente che (scartoffie a parte) dovrebbe costituire in fondo il succo di tutta la scuola.
Per ora il cambiamento riguarda solo gli alunni dei trienni di tutte le superiori. Il piano tuttavia è di coinvolgere studenti via via più giovani così da ridisegnare, nel giro di qualche anno, l’intero percorso scolastico; puntando quindi a creare bambini, ragazzi, adolescenti, maggiorenni che via via sappiano cosa stanno facendo e soprattutto perché vogliono farlo. Può essere utile, magari, anche agli insegnanti.