Meglio abolire i libri di scuola
Il caso dei testi scolastici che sostengono tesi filo Putin e un consiglio a Valditara: togliere l’obbligo di adozione, così i prof saranno liberi di cercarsi fonti migliori. Fuori dal mercato assistito
Consiglio non richiesto al ministro dell’Istruzione e del Merito: invece di “avviare verifiche” sui libri di scuola che presentano “un’impostazione faziosa e distorta della realtà storica”, Giuseppe Valditara farebbe meglio ad abolirli tout court, i libri scolastici; o almeno ad abolire l’obbligo per i docenti di adottarli. Il caso del giorno è quello di alcuni manuali che presentano una visione putiniana della vicenda ucraina e dei suoi confini, denunciata dall’indagine svolta da un gruppo di attiviste ucraine e dall’Istituto Germani su una dozzina di testi, in cui ci si imbatte in affermazioni distorte come questa: “Dopo aver chiesto l’intervento delle truppe di Mosca, la Crimea, abitata in maggioranza da russi (non russofoni, ndr), si è autoproclamata indipendente con un referendum ed è stata annessa alla Russia” (il libro è “Vivi la geografia” di Zanichelli). E altri errori imperdonabili come la definizione di “regione russa” che include l’Ucraina e pure i paesi baltici. Insomma tracce evidenti della più classica propaganda russa, o disinformazione italiana, calata nelle scuole. Ma ripulire i libri di storia e geografia dagli strafalcioni tendenziosi è un’operazione più inutile che impossibile (e si va incontro a rumorosi insuccessi, come capitò a Gabriella Carlucci che nel decennio scorso propose una commissione di inchiesta sull’imparzialità dei testi scolastici). Il motivo è in realtà più tecnico che ideologico: i libri di scuola sono confezionati sulla taglia della pigrizia culturale dei docenti, ne confermano il pensiero medio e i pregiudizi più diffusi. E se trent’anni fa il pensiero medio del ceto medio riflessivo (Dio ne scampi) era che Stalin aveva fatto anche cose buone, da qualche anno le “misure attive” della propaganda russa hanno reso opinione accettata (e peggio accettabile) che la Crimea sia roba di Putin. Perché disturbare prof e studenti, se del resto la maggior parte degli autori star che firmano i più venduti manuali la pensa così?
Da sempre i libri di testo costituiscono un ricco mercato parastatale garantito, come vendere sali & tabacchi, tanto pagano le famiglie, utile però soprattutto ai docenti: che possono affidarsi a occhi chiusi a quel che trovano scritto.
Si dirà che formalmente l’obbligo di adozione dei testi scolastici non c’è, le scuole possono fare diversamente almeno dal 2021, previa comunicazione. Anzi, dal 2014 esiste una norma in base alla quale “gli istituti scolastici possono elaborare il materiale didattico digitale per specifiche discipline da utilizzare come libri di testo e strumenti didattici”.
Insomma le brave professoresse e i bravi professori potrebbero attrezzarsi a spiegare la storia e la geografia come credono, senza dover ripetere in automatico delle stupidaggini. Perché non abolirli, allora, i libri?
Nella società delle class action possiamo fare ricorso contro le multinazionali del tabacco perché al liceo fumavamo le Lucky Strike e da vecchi ci verrà la tosse; si possono chiedere i danni alle aziende dei pesticidi e non mangiare più le mele della Val di Non; ma nessuna classe (di studenti) può chiedere i danni culturali ai produttori di libri di testo protetti dal mercato unico benedetto dal ministero. Il nodo di Gordio da tagliare è semplicemente, e realisticamente, questo: abolire i libri di testo in modo che i docenti si debbano sforzare di verificare (liberamente) quel che insegnano.
La casa editrice Zanichelli ha subito puntualizzato che “non è volontà dell’editore sostenere o giustificare alcun regime” e che “il testo è già stato oggetto di revisione che verrà riportato nell’aggiornamento della prossima edizione”. Ben detto. Ma controllare prima? Qui ovviamente si entra nell’ambito del pregiudizio e dell’onestà intellettuale – del resto esistono polemiche anche contro i libri che insegnano la geografia in senso troppo liberista (non esistono paesi poveri, ma solo paesi vittime del “capitalismo strutturalmente di rapina”) oppure non insegnano la storia secondo le teorie di genere. Ma anziché costruire improbabili tassonomie della verità storica o della correttezza politica, è più semplice e pratico evitare che i docenti pigri usino i libri destinati agli studenti come calepini per preparare le lezioni. I docenti, ahinoi, che spesso li scelgono in base al nome specchietto in copertina e che al pomeriggio si aggiornano sui video di Alessandro Barbero, che ha probabilmente più fan tra i docenti che nemmeno tra gli studenti. Così che apprendono come verità rivelata che l’invasione dell’Ucraina è una faccenda quantomeno complessa, e che “quando un paese ne invade un altro sta solo facendo quello che tutti i paesi hanno sempre fatto”.
Del resto l’Italia è il luogo metafisico in cui nessuno trova da obiettare se Santoro fonda una lista putiniana che si chiama “Pace terra e dignità”, che in effetti sembra il titolo di un sussidiario progressista.