Nel mondo accademico
Dalla Sapienza a Bari: il “metodo Torino” contro Israele dilaga nelle università
Rettorati occupati, proteste e manifestazioni. Ma "il boicottaggio d’Israele è antisemitismo", scrivono alcuni docenti ed ex docenti che si dissociano. Storia di una piccola rivolta
“Primo segnale del boicottaggio accademico: l’Università di Torino cancella la collaborazione con Israele”, titola il quotidiano israeliano Yedioth Ahronoth. E la primogenitura torinese inizia a fare scuola. Ieri durante una riunione del Senato accademico dell’ateneo Aldo Moro di Bari, gli studenti hanno fatto irruzione e ottenuto un ordine del giorno per discutere la fine della collaborazione con le accademie israeliane. Blitz intanto alla Sapienza di Roma, dove il Rettorato è stato occupato per chiedere la cacciata degli atenei israeliani. Stessa dinamica a Genova. E dopo sei giorni di occupazione del Rettorato di Bologna, gli attivisti antisraeliani sono riusciti a ottenere un incontro con il rettore per parlare degli accordi con Israele. Il “metodo Torino” fa breccia (l’unico voto contrario del Senato accademico torinese è stato quello di Susanna Terracini, direttrice del dipartimento di Matematica).
Il movimento per il boicottaggio di Israele ufficialmente è arrivato in Italia nel febbraio 2003, quando una decina di professori della Ca’ Foscari chiesero la rottura con Israele. Di “ricatto di una minoranza di facinorosi che, con metodi squadristi e linguaggi inaccettabili, tengono sotto scacco la maggioranza” parla l’appello firmato da docenti ed ex dell’Università di Torino, come il semiologo Ugo Volli, lo storico Brunello Mantelli, il giurista Riccardo de Caria e docenti di Letteratura e Filosofia come Luisella Giachino e Giovanni Leghissa. “Il boicottaggio scientifico del solo stato di Israele, fra i molti che si trovano coinvolti in conflitti armati, rientra appieno nell’antisemitismo”.
Tutto tace invece alla Sapienza, dove non soltanto non si levano voci contro la messa in mora delle università dell’unica democrazia del medio oriente, ma non si ricordano prese di posizione contro la teocrazia islamica, con cui la Sapienza ha accordi accademici. Né si ricorderanno, come hanno appena fatto alcuni accademici americani di Stanford e Harvard, visite di universitari italiani sui luoghi del massacro del 7 ottobre. Le tre scimmiette che non sentono, non vedono e non parlano sembrano il modello da seguire per le università italiane. D’altronde, ottant’anni fa non si trovarono più di dodici docenti disposti a non giurare fedeltà al fascismo. L’Unione matematica italiana sostituì in quanto ebreo il celebre scienziato Tullio Levi Civita con due matematici “ariani”, Francesco Severi ed Enrico Bompiani. Oltre a perdere la cattedra, Levi Civita fu cacciato da tutte le accademie italiane di cui era membro e fu vietata la ristampa del suo famoso trattato di Meccanica razionale. Vecchia storia, la prostituzione accademica.