in controtendenza
In un clima di assedio, l'Università di Padova dice no al boicottaggio verso Israele. Anche Siena si sfila
Il Senato accademico respinge a larghissima maggioranza la mozione dell'Udu, mentre fuori i collettivi si scontrano con la Polizia. Anche a Siena l'organo accademico dice no al boicottaggio. La ministra Bernini chiede un incontro a Piantedosi e definisce "inaccettabili" le violenze negli atenei
Mentre fuori la Polizia cercava di contenere due diversi cortei di manifestanti filo palestinesi, che volevano entrare all’interno di palazzo del Bo a suon di “vergogna, vergogna”, in un ateneo che vive blindato da mesi, oggi il Senato accademico dell’Università di Padova ha respinto la richiesta di boicottare le collaborazioni con le università israeliane. Seguito a ruota anche da quello dell’Università di Siena, che ha bocciato una richiesta simile. La mozione a Padova era stata avallata da sei componenti del Senato, ed era stata proposta dall’Unione degli studenti (Udu), gruppo studentesco vicino al Partito democratico, ma oggi è stata bocciata a stragrande maggioranza: 11 contrari, 11 astenuti e solo tre favorevoli.
Può sembrare una notizia da poco, ma dopo la mobilitazione collettiva in 25 atenei per chiedere il ritiro del bando Maeci gestito dal ministero degli Esteri, con tanto di sit-in sotto alla Farnesina, occupazioni come quella del rettorato della Federico II che il ministro dell’Università Annamaria Bernini ha definito “inaccettabili”, e per cui ha chiesto un incontro al ministro dell’Interno Piantedosi, quello di Padova (e di Siena) è una specie di contro modello rispetto all’Università di Torino, il primo ateneo dove la richiesta di boicottaggio è andata a segno, lo scorso 20 marzo.
Dal 7 ottobre in poi, nel campus padovano sono iniziate le occupazioni con una cadenza settimanale. Se ne contano circa quaranta. Qui non ha attecchito la rete di collettivi “Cambiare rotta”, cioè l’associazione vicina a Potere al popolo che si è fatta promotrice della richiesta di boicottaggio nella gran parte delle università italiane. Questo perché semplicemente, come racconta al Foglio una fonte interna al mondo accademico padovano, “qui da noi di collettivi ce ne sono già a decine”. Per questo la pressione, rivolta in un unico senso, quello del boicottaggio, e il clima di tensione che si respira nelle diverse facoltà faceva preludere a un’emulazione di quanto già visto nel capoluogo piemontese o alla Normale di Pisa.
Uno dei volti dell’Udu di Padova è Emma Ruzzon. “Unipd sta provando a voltarsi dall'altra parte da novembre ma il nostro lavoro negli organi continua: presenteremo un’altra mozione alla prossima seduta del Senato Accademico”, ha detto dopo il voto Ruzzon, che un paio di anni fa si fece notare per un discorso, pronunciato all’inaugurazione dell’anno accademico, davanti a Mattarella, in cui se la prendeva contro i senatori della Repubblica per l’affossamento del ddl Zan. E perché a suo dire scienza e ricerca “continuano, e aumentano, il loro essere subalterne a dinamiche di profitto”. Nella mozione votata oggi si spingeva oltre, a chiedere, tra le altre cose, che l’Università di Padova si impegni “a indagare la natura dei rapporti in essere con le università israeliane, e che le stesse non destinino parte della propria ricerca allo sviluppo di tecnologie utilizzabili per scopi militari e in generale alla messa in atto di forme di oppressione, discriminazione o aggressione a danno della popolazione civile tutta: in tal caso, si chiede che l’Università di Padova recida tali rapporti”. O più specificamente che “l’Università di Padova chieda al Maeci di riconsiderare il Bando Scientifico 2024 emesso il 21 novembre 2023 in attuazione dell’Accordo di cooperazione industriale, scientifica e tecnologica Italia-Israele, per cui l’Università di Padova è stata selezionata vincitrice con un progetto partner del Veneto Institute Molecular Medicine”. Una forma di boicottaggio più soft, più simile a quella della Normale che al caso di Torino. Ma che il Senato accademico, mentre fuori i manifestanti cercavano di sfondare il cordone di Polizia, ha considerato irricevibile.
Almeno un po’ devono aver pesato le dichiarazioni della rettrice Daniela Mapelli, che ha votato contro il boicottaggio e qualche giorno fa in un’intervista al Corriere del Veneto si era espressa fugando ogni ambiguità: “Le università collaborano non con lo stato di Israele, ma con gli atenei di quel paese. Io penso che questo sia imprescindibile: le università devono rimanere luoghi di cultura e di scambio. Ed è questo elemento che abbatte i muri. Non dobbiamo chiuderci verso i ricercatori di determinati paesi”. Parole che hanno surriscaldato ancor di più i vari collettivi. I quali però adesso dovranno farsene una ragione: l’Università di Padova non la pensa come loro. E neanche quella di Siena.
Bandiera bianca