Il colloquio
“I rettori sono complici dell'antisemitismo nelle università". Parla Vichi (Unione associazioni Italia-Israele)
"Basta trincerarsi dietro all’autonomia degli atenei”, dice la presidente dell'Uaii. Che chiede di fare di più: "Si adotti la definizione di antisemitismo dell'Ihra"
“Nelle università italiane c’è una sensazione di paura, di persecuzione. Gli studenti ebrei si sentono in pericolo. E’ una brutta china imboccata negli ambienti in cui dovrebbe formarsi la classe pensante del paese. E di questo clima i rettori si stanno rendendo complici”. Celeste Vichi è presidente dell’Unione delle associazioni Italia-Israele (Uaii), una rete che nelle diverse città italiane funge da presidio e monitoraggio nei confronti di quel che accade alle varie comunità ebraiche. “Dopo il 7 ottobre, lo dicono i dati, abbiamo assistito a una crescita esponenziale di episodi di antisemitismo, anche qui in Italia”, racconta Vichi al Foglio. “E la cosa più grave è che oramai si fa fatica a vedere e a realizzare come l’antisionismo sia il nuovo antisemitismo”.
Per affrontare le mobilitazioni negli atenei, spesso sfociate in veri e propri attacchi a Israele da parte dei collettivi pro Palestina, ieri la ministra dell’Università Anna Maria Bernini ha partecipato a una riunione del comitato ordine e sicurezza con il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi. I rettori erano rappresentati da Francesco Bonini della Lumsa, vista l’assenza della presidente della Crui Giovanna Iannantuoni. Si è fatto un punto per capire quali sono le situazioni più critiche e come agire nelle settimane a venire. E s’è ribadito come ogni manifestazione sia legittima purché non sfoci in episodi di violenza. “Ma anche questo trincerarsi dietro all’autonomia degli atenei, in questo momento in cui c’è così tanto in ballo, sembra una forma d’indifferenza”, dice ancora Vichi. Che da quello che chiama “un vero e proprio progrom, quello di Hamas” in poi ha registrato venti che le ricordano molto “l’anno 1938”. “Non ci sono solo episodi di antisemitismo vero e proprio”, spiega. “Nelle università stiamo anche vedendo una limitazione della manifestazione di libertà di pensiero. Penso all’evento a cui avremmo dovuto prendere parte alla Statale di Milano e che poi è stato cancellato. Ma anche all’Università di Pisa: il rettore, dopo aver dato parola a uno studente palestinese all’inaugurazione dell’anno accademico, ci aveva promesso che avremmo potuto partecipare a una seduta del Senato accademico, salvo poi fare marcia indietro. Questo non è vero contraddittorio”. Secondo Vichi, peraltro, quel che sta accadendo negli atenei non rispecchia gli umori della maggioranza del paese. “I collettivi pro Palestina sono una minoranza rumorosa. E che siano una minoranza lo dimostrano le elezioni per il Senato accademico alla Statale di Milano: su più di 7mila elettori quelli di ‘Cambiare rotta’, che chiedono il boicottaggio delle università israeliane, hanno preso solo 180 voti”. E che nel paese reale vi sia in realtà una vicinanza alla causa israeliana, racconta ancora la presidente dell’Uaii, “lo prova anche il caso dell’Eurovision. La canzone dell’artista israeliana Eden Golan non è stata premiata dalla giuria tecnica, ma ha raccolto tantissimo consenso popolare per esempio qui da noi, dov’è stata la più votata”.
Tra le soluzioni proposte dall’Unione delle associazioni Italia-Israele, a cui aderiscono diversi professori universitari, c’è anche una rinnovato intento educativo. Fatto proprio con lo scopo di circoscrivere fenomeni antisemiti. “Per noi è molto importante che gli atenei sottoscrivano la definizione di antisemitismo dell’Ihra (International Holocaust Remembrance Alliance), perché non solo tiene conto del fatto che l’antisionismo è il nuovo antisemitismo. Ma anche del doppio standard nei confronti di Israele, che ha sempre dilemmi morali che però agli altri paesi sembra sempre non tocchino mai”. Non è peraltro uno sforzo inedito. “In questi anni tantissime amministrazioni, che sono il terminale ultimo con cui s’interfaccia il cittadino, hanno adottato nostre mozioni contro l’antisemitismo. Abbiamo lavorato bene con tutte le forze politiche”, spiega Vichi. “In più al Senato giace un disegno di legge per la lotta all’antisemitismo. Che mira anche alla limitazione di certe manifestazioni antisemite. Non si capisce perché l’Italia non possa fare come paesi come Stati Uniti e Germania”. Le università, però, nell’adesione a forme di contrasto a ogni forma di odio antisemita hanno accumulato passi falsi. “A Pisa avevano sottoscritto la definizione di antisemitismo dell’Ihra. Ma dopo il 7 ottobre hanno proposto una nuova definizione, più blanda. E’ il segno che contro certe derive bisogna fare molto di più”.