Il caso
Oltre i boicottaggi. Torino è sempre più inospitale verso gli studenti ebrei
Dopo il no alla collaborazione con gli atenei israeliane, all'Università di Torino sono costretti a fare lezione online a causa delle occupazioni. E anche al Politecnico la situazione degenera. Spizzichino (Unione dei giovani ebrei d'Italia): "Vogliono un'atmosfera intollerante nei nostri confronti. Permettere ciò è una sconfitta della società civile"
Se c’è una città in cui il livello di proteste dei collettivi pro Palestina nelle università ha raggiunto livelli di guardia è sicuramente Torino. Ovvero l’epicentro di un antisionismo (quando non antisemitismo vero e proprio) sempre più evidente. Lo scorso 20 marzo l’Università di Torino è stato il primo (e per fortuna unico) ateneo italiano che nel proprio Senato accademico ha formalmente votato a favore del ritiro dal bando di collaborazione scientifica con le università israeliane gestito dal ministero degli Esteri. “E’ solo un bando, non c’è nessun boicottaggio nei confronti di Israele”, spiegò il rettore Stefano Geuna. E però, a vedere meglio, era chiaro che l’istituzione accademica avesse ceduto, e non poco, alle richieste dei collettivi pro Palestina. Che erano arrivati a protestare con tanto di bandiere e striscioni anche all’interno dello stesso Senato accademico.
Ciononostante, le insofferenze all’interno dell’ateneo torinese non si sono fermate. La scorsa settimana, sempre in protesta verso gli accordi con Israele, i collettivi hanno iniziato una nuova occupazione, l’ennesima da ottobre. In questo caso negli spazi di Palazzo Nuovo, con i collettivi che sono riusciti a infiltrarsi e a interrompere una riunione del Consiglio di amministrazione dell’ateneo. La scuola di Scienze umanistiche, che ha sede in quegli spazi, ha dovuto mandare una comunicazione interna ai propri docenti e studenti: da quando ha avuto luogo l’occupazione le lezioni si tengono online. Questo fino a quando non sarà ristabilito l’ordine e le garanzie di sicurezza per lo svolgimento della didattica. “Sulla scia dei campus americani, le università stanno diventando un luogo inospitale e ostile per chiunque non la pensi come i gruppi violenti e rumorosi che in queste ore stanno occupando vari atenei italiani. Anche se sono una minoranza nella comunità studentesca”, dice al Foglio Luca Spizzichino, presidente dell’Unione dei giovani ebrei d’Italia. “In tal senso il caso del Politecnico di Torino è emblematico, queste fazioni hanno dimostrato come il loro obiettivo vada oltre il solo boicottaggio dello Stato di Israele e delle sue università, ma sia volto a creare un’atmosfera intollerante nei confronti degli studenti ebrei. Permettere questa degenerazione sarebbe una sconfitta per tutta la società civile”, aggiunge Spizzichino.
Si riferisce a un’altra situazione verificatasi in città. Quando i collettivi la scorsa settimana hanno iniziato a occupare le aule del Politecnico, a montare le tende all’interno del campus del quartiere Crocetta, il rettore Stefano Corgnati ha provato a minimizzare. “Lo sgombero degli occupanti? Il tema non è stato preso in considerazione”, ha detto. Solo che nel fine settimana c’è stato un salto di qualità nella strategia dei manifestanti. Che sabato hanno tenuto un corteo per la città e al loro rientro, com’era già stato stabilito dagli accordi presi con il rettore, hanno trovato il Politecnico chiuso. La soluzione? Hanno sfondato un portone sul retro pur di rientrare e alcuni di loro, circa una quarantina di persone, hanno passato la notte all’interno della struttura, quasi fosse un albergo di fortuna. Per questo il rettore Corgnati ha deciso di cambiare linea: “Fino a ieri, quella che coinvolgeva il Politecnico era stata una manifestazione di protesta da parte di membri della comunità studentesca. A seguito degli ultimi gravi fatti, è un’occupazione da parte di individui per la stragrande maggioranza esterni. Un atto di violenza contro l’ateneo che non ha nulla a che fare con la libertà di manifestare, né tanto meno con la comunità studentesca del Politecnico di Torino”, ha detto il rettore. Chiedendo “a tutta la comunità di ritrovare, mantenere e rivendicare la nostra identità e il nostro ruolo di istituzione pubblica capace di guidare lo sviluppo tecnologico della società, forte della nostra tradizione e salda nei nostri principi e valori democratici, ispirati al confronto e alla pace, che non tollerano il sopruso, la sopraffazione, la violenza”. Il 29 maggio ci sarà una seduta della Conferenza degli studenti: chissà se si prenderà coscienza della gravità di quanto accade. O se invece si continuerà a sottostare ai ricatti di una minoranza.
generazione ansiosa