(foto Ansa)

nei campus

Boicottare Leonardo: l'altro fronte dei pro Pal. L'azienda: "Così la ricerca rischia di andare altrove"

Luca Roberto

Dopo i rapporti con Israele, i collettivi chiedono di interrompere anche le collaborazioni con le aziende belliche, come quella italiana. "Pura demagogia. E' un problema per gli investimenti"

Oltre al rifiuto delle collaborazioni con le università israeliane, le rivolte dei collettivi pro Palestina portano avanti da tempo, sin dal 7 ottobre, un fronte parallelo: chiedono lo stop agli accordi con Leonardo. Ovvero uno dei principali fornitori di tecnologie e armamenti militari al mondo, a partecipazione statale. E’ tornato a chiederlo, nel bel mezzo di un concerto “per la pace” organizzato un paio di giorni fa alla Sapienza di Roma, una studentessa della rete “Movimento studenti palestinesi in Italia”. “La Sapienza parla di pace e collabora con Leonardo, tra i dieci produttori al mondo più potenti nella fornitura di armi. Fattura 8 miliardi di euro l’anno. Chiediamo che la Sapienza rompa tutte le collaborazioni con Leonardo. Non si può parlare di pace e continuare a finanziare aziende e società per azioni che portano avanti la cultura della guerra”, ha detto la ragazza. Ma negli slogan e nei mantra delle diverse associazioni che compongono “l’Intifada delle università” e degli “acampados”, il mirino verso l’azienda italiana lo ritroviamo praticamente ovunque.

 

Nelle richieste avanzate la settimana scorsa dai “Giovani palestinesi italiani” alla Conferenza dei rettori uno dei punti era proprio lo stop alle “collaborazioni con le industrie belliche come Leonardo”. E nel corso delle settimane sono state numerose le rimostranze nei confronti dell’azienda. A febbraio insieme a “Ultima generazione”  gli attivisti di “Palestina libera” imbrattarono di rosso la sede romana dell’azienda. Ad aprile un gruppo di manifestanti ha appeso alcune bandiere palestinesi e alcuni striscioni “contro il genocidio” all’esterno della sede di Leonardo a Genova. Ma che il clima sia particolarmente grave lo dimostra il fatto che da alcune settimane i vertici dell’azienda hanno consigliato ai propri dipendenti, qualora prendano parte a dibattiti all’interno delle università, di farlo solamente “a distanza”. Questo perché, com’è successo ad aprile all’Università di Palermo, un gruppo di manifestanti pro Palestina ha accerchiato alcuni dipendenti della società iniziando a martellarli con i soliti cori “fuori i sionisti dall’Università”.

 

Quel che sta accadendo nei campus e nelle aule universitarie, però, sta finendo per preoccupare anzitutto la stessa Leonardo. Fonti dell’azienda, a proposito delle proteste che montano un po’ ovunque, al Foglio hanno fatto sapere che quella dei collettivi “è demagogia mista a ideologia. Negli atenei si sta assistendo a dei veri e propri soprusi”. Facendo notare come peraltro, negli atenei dove si tratta di fare ricerca applicata alla scienza, alla tecnologia e alla matematica, le proteste siano molto meno frequenti. “L’auto embargo” alle partecipazioni in presenza non verrà tolto. E l’invito a collegarsi da remoto resterà nei confronti di tutti i dipendenti dell’azienda, partecipata al 30 per cento dal Mef.

Cosa succederà? Di certo la fuoriuscita di alcuni rettori, come quello dell’Università di Bari Stefano Bronzini dalla fondazione Med-or, che è una specie di cerniera tra azienda e mondo accademico, non è stata percepita come un segnale di distensione. Il rischio, si ragiona internamente a Leonardo, è che l’invito a boicottare gli atenei israeliani si unisca a una interruzione di tutti i rapporti in essere con aziende belliche. “E lì, se non si avrà il coraggio di prendere decisioni forti, pazienza. Vorrà dire che s’investirà altrove. Con il rischio però di portare all’estero innovazione e nuova occupazione”, è la considerazione che viene fatta.

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  • Pugliese, ha iniziato facendo vari stage in radio (prima a Controradio Firenze, poi a Radio Rai). Dopo aver studiato alla scuola di giornalismo della Luiss è arrivato al Foglio nel 2019. Si occupa di politica. Scrive anche di tennis, quando capita.