(foto LaPresse)

mur contro crui

Cosa non torna nella denuncia di “tagli per mezzo miliardo” alle università

Luca Roberto

I rettori hanno accusato la ministra Bernini per i "500 milioni di euro di fondi in meno" previsti per quest'anno. Eppure gli atenei hanno fatto un po' di confusione sui conti

Dagli uffici del ministero dell’Università e della Ricerca sono rimasti allibiti: “Ma dove li avranno tirati fuori i rettori questi 500 milioni di euro di tagli agli atenei?”. Eppure ieri la Conferenza dei rettori (Crui), presieduta da Giovanna Iannatuoni, senza nemmeno aspettare la ministra Anna Maria Bernini ha lanciato un allarme roboante: al Fondo per il finanziamento ordinario (Ffo) delle università, per il 2024, manca più di mezzo miliardo di euro. Una presa di posizione unilaterale così forte da indurre la stessa Bernini a parlare di “cifre infondate” e a disertare l’incontro con la Conferenza dei rettori, a Roma, dove le due parti si erano accordate di discutere soprattutto di fondi e risorse al sistema universitario. E da cui però i rettori hanno fatto uscire un parere prima ancora che il ministro potesse leggerlo. Ma al di là del metodo di confronto inconsueto, senza discussione preventiva, a lasciare sbalorditi dalle parti di Viale Trastevere (sede del Mur) ci ha pensato proprio questo conteggio dei famosi “500 milioni di euro”.

 

Il Fondo per il finanziamento ordinario è cresciuto di un miliardo e mezzo dal 2019 al 2024, arrivando a circa 9,2 miliardi di euro. Nella programmazione triennale dal 2024 al 2026 si prevedeva un leggero calo di 173 milioni quest’anno, insomma di circa il 2 per cento, azzerato per il prossimo anno e quello successivo. Il ministero nelle scorse settimane aveva inviato ai rettori i criteri di ripartizione di questi fondi che però erano già conosciuti, essendo stati stabiliti nella scorsa legge di Bilancio. Ma allora perché i rettori parlano di “mezzo miliardo di tagli”? Gli atenei è come se avessero dato per scontato che sarebbero stati rifinanziati alcuni programmi straordinari. Per esempio il piano straordinario di reclutamento nelle università, che nell’ultimo anno è pesato per 290 milioni di euro. Ma anche i 50 milioni di euro di aumenti stipendiali. Questo perché i docenti universitari, al pari dei magistrati e di altri dipendenti pubblici, sono soggetti a un regime di diritto pubblico e quindi gli aumenti sono stabiliti dalla legge e legati all’inflazione. L’anno scorso il Mef aveva stabilito un tasso d’inflazione e aveva rimesso alle università la facoltà di ripartire questi aumenti a partire da un fondo, quindi, di 50 milioni di euro. Una cifra che quest’anno non è stata riconosciuta. “Ma è come se un’azienda avesse basato il suo bilancio sull’erogazione di bonus che non erano mai stati promessi”, è stato il commento di una fonte interna al ministero.

 

In realtà quel che si muove dietro a queste tensioni tra la Conferenza dei rettori e il ministero è qualcosa di cui s’era avuta un’anticipazione durante le varie proteste pro Palestina allestite nei campus. Bernini si è spesso detta contraria all’indirizzo lassista sposato da diversi rettori, ma ha anche rivendicato l’autonomia dei singoli atenei. Autonomia che nelle intenzioni della ministra le università dovrebbero poter dimostrare anche quando si parla di finanziamenti. “Quello che ha di fronte il sistema non è un tema di scarsità di risorse, ma della loro gestione ottimale. Una questione di capacità gestionale di cui i rettori sono i primi responsabili e di cui dovrebbero rendere conto”, ha ribadito proprio ieri Bernini. Insistendo anche sul fatto che il Ffo non è l’unica fonte di finanziamenti per le università, visto che grazie al Pnrr nei diversi atenei sono piovuti qualcosa come sei miliardi di euro.

 

Fatto sta che ai rettori è sembrata un’occasione più unica che rara per far saltare tutto. In queste settimane, in fondo, i vertici delle università, da Milano a Torino a Napoli, sono ancora alle prese con la conta dei danni delle rimostranze filopalestinesi. Dopo la Sapienza e Padova, che avevano stimato danni per oltre 430 mila euro, anche all’Università Cà Foscari di Venezia gli acampados hanno accumulato più di 80 mila euro di danni. Sarà anche per questo che pure un meno due per cento di finanziamenti già previsto li ha indispettiti così tanto.

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  • Luca Roberto
  • Pugliese, ha iniziato facendo vari stage in radio (prima a Controradio Firenze, poi a Radio Rai). Dopo aver studiato alla scuola di giornalismo della Luiss è arrivato al Foglio nel 2019. Si occupa di politica. Scrive anche di tennis, quando capita.