Il colloquio
Ugo Volli: “A Torino il rettore sta con i pro Pal e nega il diritto allo studio”
Il filosofo e semiologo, che ha insegnato per anni nell'ateneo torinese: "Ho la sensazione che i vertici dell'università aderiscano ai temi anti-israeliani. Il problema è l'indifferenza generale"
“I corsi universitari sono valutati in crediti formativi rispetto alle ore. E i calendari delle lezioni già di per sé sono stretti, serrati. E’ chiaro che se un anno accademico comincia con un’occupazione è molto probabile che saltino lezioni e quindi i corrispondenti crediti. Ma così gli occupanti non sacrificano solo il loro diritto allo studio, bensì quello di tutti gli studenti”. Il filosofo e semiologo Ugo Volli ha insegnato per decenni all’Università di Torino. Ora che è in pensione non nasconde tutto il suo sconforto per lo stato in cui si trova l’ateneo che per anni è stato casa sua. Dal 7 ottobre i collettivi pro Pal sono tornati a occupare alcuni spazi di Palazzo nuovo, dopo l’occupazione protrattasi per settimane la scorsa primavera. Tanto che una quarantina di docenti ha preso carta e penna e ha scritto una lettera al rettore Stefano Geuna per chiedere di ripristinare quanto prima la didattica: “Vogliamo fare lezione”, recitava il loro messaggio. “Ho la sensazione che il rettore e il Senato accademico, un po’ per ideologia generale e un po’ per aderenza ai temi anti-israeliani, non vogliano intervenire in maniera fattiva. Anzi, finiscono per appoggiare questi che sono veri e propri atti di prepotenza da parte degli occupanti, che rappresentano una minoranza degli studenti e delle sigle universitarie”, spiega Volli al Foglio. Eppure non sempre l’atteggiamento dell’università di Torino è stato coerente. “Ci sono stati precedenti in cui agli studenti per esempio è stato impedito di manifestare per l’Armenia, dopo la guerra dello scorso anno. C’è quasi la sensazione che la maggioranza che governa attualmente il paese non debba trovare spazio all’interno delle università”, ragiona ancora il filosofo. “E’ in questo cosa c’è di democratico? Assolutamente nulla. Anzi, è una forma di fascismo, con una forma di complicità da parte dei vertici delle università”.
Secondo Volli, a più di un anno dal 7 ottobre i segnali che giungono dai campus, con le nuove ondate di odio antisemita, sono preoccupanti. “Mentre all’inizio una qualche forma di solidarietà la si era registrata, questa vicinanza con l’andare avanti è scomparsa. Pensavo sinceramente di non poter capire quel che è successo ai miei genitori, quando vennero allontanati dalle scuole e dalle università all’epoca delle leggi razziali. E invece quello a cui stiamo assistendo oggi è un consolidarsi dell’indifferenza di massa alla distruzione di uno stato democratico e nell’attribuzione di tutto il peggio a chi condivide una qualche appartenenza etnico-religiosa, come il popolo ebraico”. Il filosofo del linguaggio la violenza verbale l’ha provata sulla sua pelle: “A me è successo che mettessero un manifesto con nome e cognome sulla mia porta, come forma di intimidazione. Ecco perché a un anno dal 7 ottobre il segnale più preoccupante non sono nemmeno queste derive pro Pal, che sono appannaggio solo di alcuni studenti, non certo la maggioranza. E nemmeno le liste di proscrizione come quella dei ‘sionisti d’Italia’ stilata dai nuovi comunisti in cui sono finito anch’io. Il vero problema è l’indifferenza generale”.