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L'analisi

Edificanti, innocue, criticabili: le nuove Linee guida per l'insegnamento dell'educazione civica

Tommaso Tuppini

I pensieri incriminati sono due: il primo è il riferimento al “senso di appartenenza alla comunità nazionale”, il secondo è il fatto che “la responsabilità individuale non può essere sostituita dalla responsabilità sociale”

Non se ne è accorto quasi nessuno ma sono uscite le nuove Linee guida per l’insegnamento dell’educazione civica nelle scuole e a farle uscire è stato il ministero della Pubblica istruzione. Queste Linee guida correggono e integrano altre Linee guida di cui tutti si erano già dimenticati. L’espressione Linee guida è un modo gesuitico per dire che il ministero dà indicazioni genericissime agli insegnanti, poi – com’è sempre stato e com’è giusto che sia – ognuno le applicherà come gli pare. Le Linee definiscono sé stesse come “una cornice efficace entro la quale poter inquadrare temi e obiettivi di apprendimento coerenti con quel sentimento di appartenenza che deriva dall’esperienza umana e sociale del nascere, crescere e convivere in un Paese chiamato Italia”.

 

A parte i continui riferimenti alla Costituzione più bella del mondo, che in un trionfo di benignismo sono 47 in 23 pagine, passando a cose più concrete le Linee fanno capire che un insegnante di scienze potrebbe affrontare temi legati all’ecologia e spiegare la raccolta differenziata, quello di materie tecniche potrebbe discutere sui pericoli del bullismo cyber, l’insegnante di ginnastica può concentrarsi su ciò che viene chiamato benessere psicofisico e sui pericoli delle droghe. Poi ci sarebbe spazio per far conoscere i rudimenti della finanza, che è la proposta più sensata. L’educazione civica viene organizzata attorno a una serie di argomenti abbastanza di buon senso che però non si capisce come devono essere declinati in modo specifico per chi “nasce, cresce e convive in un Paese chiamato Italia” e non in un Paese chiamato Francia oppure Spagna. Per quel che riguarda ecologia, cyberbullismo, droghe e finanza siamo abbastanza uguali al resto dell’Europa.

 

L’unica conseguenza delle Linee sarà che un paio di volte all’anno un insegnante non dovrà preparare la lezione e potrà fare due chiacchiere con gli studenti su come si proteggono gli animali (nominati 10 volte, ed è una bella cosa). E’ un documento edificante e innocuo ma alcuni, fuori e dentro la scuola, si sono scandalizzati. I pensieri incriminati sono due. Il primo è il riferimento al “senso di appartenenza alla comunità nazionale” che si suppone gli insegnanti debbano incoraggiare negli studenti. Siccome al ministero non hanno letto Leopardi, non sanno che niente e nessuno potrà fare qualcosa per “il poco o niuno amor nazionale che vive tra noi”. Quegli insegnanti che prima di conoscere le Linee non si applicavano a fomentare il senso di appartenenza alla nazione, non cominceranno a farlo adesso. E’ difficile capire perché dalla Cgli in giù è tutto uno stracciarsi le vesti. 

 

A leggerle fino in fondo le Linee grondano buoni sentimenti da ogni parola: ci sono l’integrazione, la condivisione, l’inclusione, la solidarietà, il rispetto, i beni comuni. Tra i principi che l’educazione civica dovrebbe insegnare c’è che “la responsabilità individuale non può essere sostituita dalla responsabilità sociale”. E’ il secondo pensiero incriminato. Era meglio scrivere che la responsabilità sociale può cancellare la responsabilità individuale? Il ministero è stato accusato di fare propaganda per l’individualismo. Se davvero fosse propaganda, sarebbe la fantasia al potere. La battaglia per l’individuo – casomai qualcuno è tentato di farla a scuola – è una donchisciottata peggio della battaglia per la comunità nazionale. Gli italiani non hanno nessun senso di appartenenza alla nazione e ancora meno hanno fiducia in sé stessi come individui. Gli italiani non sono né nazione né individui ma clan, famiglie, quartieri, tifoserie, corporazioni, partiti, circoli, logge, confraternite, camorre, premi letterari, cordate accademiche. Un professore che si mettesse a insegnare la responsabilità individuale non ho idea da dove dovrebbe cominciare, ma sarebbe un sovversivo e un benemerito della Patria. In qualsiasi modo ci si prepari ad applicare le nuove Linee guida, non ci sarà il tempo di quagliare che saranno uscite Linee ancora più nuove.

 

Anche le prossime verranno bocciate – come è successo a queste – dal Consiglio superiore della pubblica istruzione, che io non sapevo esistesse, ma siccome il Consiglio non ha potere di veto, quindi non si capisce a cosa serva, né adesso né dopo potremo farci nulla. Comunque la scuola non è impreparata davanti a simili intemperie, abituata com’è a veder grandinare indicazioni, piani triennali, circolari e note ministeriali, protocolli d’intesa, documenti di aggiornamento e monitoraggio, che bastano i nomi per capire di che roba si tratti. Da quando hanno fatto fuori Giovanni Gentile il buon senso è scomparso dal ministero della Pubblica istruzione. Gentile diceva che la scuola deve educare alla consapevolezza di sé e che la “vera vita è riflessione su sé stessa”. Significa che la scuola può essere vera vita. La scuola non deve “adattarsi” agli studenti ma sollevarli. La cosa più coraggiosa che può fare la scuola italiana oggi è chiedere agli studenti uno sforzo.

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