pacifismo ideologico
Perché il no alla ricerca militare dell'Università di Pisa è un precedente pericoloso
La scelta di inserire questo impegno pacifista nello statuto dell'ateneo potrebbe indurre altre università a fare lo stesso. Mettendo a rischio la collaborazione con aziende come Leonardo, che potrebbe decidere di investire in programmi di ricerca all'estero
L’Università di Pisa è stata la prima università italiana a inserire nel proprio statuto l’impegno a non effettuare più alcun tipo di ricerca in ambito militare. “In questi tempi drammatici in cui la vita e la dignità umana hanno subito pesanti attacchi è indispensabile che l’Università dia un segnale esplicito della sua scelta di campo a favore della pace e si dissoci da ogni attività volta allo sviluppo di armamenti”, ha giustificato la scelta il rettore dell’ateneo Riccardo Zucchi. “Abbiamo deciso di intervenire ai massimi livelli, andando a integrare nel principale atto normativo dell’ateneo questi principi fondamentali”. Già negli scorsi mesi l’ateneo pisano s’era fatto notare per una certa disponibilità ad assecondare le rivendicazioni filopalestinesi. Ma è innegabile che questo rappresenti per il fronte pro Pal la prima vera vittoria tangibile. Un loro successo personale che però è soprattutto un precedente pericolo in generale per tutto il sistema universitario italiano.
Attualmente ad avere al proprio interno progetti di ricerca legati all’ambito militare sono praticamente tutti gli atenei italiani. Leonardo, la principale azienda italiana della Difesa, ha in corso una sessantina di progetti ricerca con le università italiane. In più ha stipulato cinque accordi quadro con alcune grandi istituzioni universitarie (PoliMI, PoliTo, La Sapienza, Università di Genova e di Bologna). Contemporaneamente al Pnrr, poi, è stato messo in campo anche un Pnrm (Piano nazionale della ricerca militare) sotto l’egida del ministero della Difesa e che coinvolge anche il ministero dell’Università e della Ricerca. Tra gli obiettivi del piano c’è proprio quello di garantire specifici finanziamenti agli enti universitari su specifici progetti. In più negli ultimi mesi la Fondazione Med-or, sempre di Leonardo, ha incrementato il numero di collaborazioni per esempio con i paesi coinvolti dal Piano Mattei e con l’Università di Odessa. Anche a stretto contatto con la Conferenza dei rettori italiani. E’ la ragione per cui, da più di un anno a questa parte, alle richieste di boicottaggio nei confronti delle università israeliane si sommano le richieste d’interruzione dei rapporti proprio con la società della Difesa a partecipazione pubblica. I vertici aziendali, per dire del clima, hanno sconsigliato ai dipendenti dell’azienda la partecipazione ai career days, dove c’erano state aspre contestazioni.
Leonardo ha collaborazioni con oltre 90 atenei tra Italia e estero. Ed è difficile quantificare il valore preciso del totale di questi progetti di ricerca. E’ ovvio che il precedente di Pisa, dove in passato l’azienda era stata oggetto di una campagna di boicottaggio a causa della vendita di armi “alla Turchia che bombarda i curdi”, rischia di essere un viatico per rendere ancor più difficile la vita delle aziende del settore. In un momento storico in cui, peraltro, a livello europeo si vorrebbero incrementare gli investimenti nel settore della difesa. A maggio scorso, quando s’era intensificata la campagna di boicottaggio nei confronti di Leonardo, dall’azienda erano stati piuttosto espliciti. “Se non si avrà il coraggio di prendere decisioni forti, pazienza. Vorrà dire che s’investirà altrove. Con il rischio però di portare all’estero innovazione e nuova occupazione”, avevano detto fonti dell’azienda. Una posizione che nel frattempo non è affatto cambiata. Con un surplus di apprensione per la scelta dell’ateneo pisano.