Il caso
Epidemia di pacifismo. Dopo Pisa ecco Siena: no ai tirocini con la Marina
L'ateneo pisano aveva inserito lo stop alla ricerca militare nello statuto. E ora all'Università degli Studi di Siena bloccano gli accordi con la Marina Militare. I rettori e l'eccesso di ideologia
Dopo Pisa, è il turno dell’Università per Stranieri di Siena. Sul Foglio eravamo stati profetici: la scelta del rettore Riccardo Zucchi e dell’ateneo pisano di inserire nel proprio statuto il no alla ricerca in ambito militare avrebbe fatto proseliti. E quindi ecco che subito, a meno di una settimana di distanza, l’università guidata da Tomaso Montanari la segue a ruota. Nella seduta del Senato accademico dello scorso 30 gennaio, infatti, l’ateneo ha deciso che non rinnoverà l’accordo di tirocinio con la Marina Militare italiana, in corso da alcuni anni. “La decisione del Senato è motivata dal recente, ed evidente, cambiamento del clima politico e civile” recita una nota dell’ateneo che sottolinea “l’insistenza di una retorica nazionalista e militarista inedita nella storia dell’Italia costituzionale; la militarizzazione crescente di scuola e università; la preoccupazione per un orientamento della Nato in direzione diversa da quella costruzione di ‘pace e giustizia tra le nazioni’ che l’articolo 11 mette come condizione per la cessione di sovranità alle organizzazioni internazionali, non possono sfuggire ad un ateneo internazionale, che in forza del proprio codice etico, ‘respinge ogni forma di nazionalismo, riconosce come patria il mondo intero e l’umanità tutta. Ripudiala guerra, in ogni sua forma’”.
Anche per questo i vertici dell’università hanno “ritenuto di non includere nell’offerta di tirocini dell’Ateneo la presenza a bordo delle navi militari italiane nell’ambito delle esercitazioni ‘Mare aperto’, effettuate in collaborazione con la Nato, preferendo rafforzare percorsi alternativi, come quelli con organizzazioni non governative operanti nello stesso teatro mediterraneo”. In sostanza si dice no a un’offerta formativa di tirocinio altamente professionalizzante solo per poter continuare a brandire l’ideologia del pacifismo a oltranza. Un segnale non particolarmente rassicurante, visto che le decisioni che iniziano a prendere piede in Toscana potrebbero rappresentare sempre più un modello anche per gli altri atenei. Lo abbiamo visto anche in occasione delle proteste pro Pal: la generalità dei rettori, a partire dalla stessa Crui, non ha brillato di certo per coraggio. Forse un qualche indirizzo per non lasciare completa discrezionalità ai singoli atenei sarebbe utile. Ricordando pure, e questa volta magari senza retorica, che la collaborazione che rifiuteranno le università italiane se la potranno prendere altre istituzioni accademiche a livello europeo.