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Scorte della Digos, minacce: la dura vita degli studenti che si oppongono ai pro Pal

Luca Roberto

Alla Statale il convegno di "Vogliamo studiare" con le contestazioni fuori dall'Aula. A Torino a una ragazza critica nei confroni delle occupazioni danno della "sionista". E a Firenze l'Università si dissocia da un evento sulla Shoah della Tel Aviv University

Nel 2025, in Italia, se organizzi un convegno per il diritto allo studio, se ti batti contro le occupazioni, l’interruzione continua della didattica negli atenei, rischi di doverti muovere nel campus scortato dalla Digos. E’ quello che è successo questa settimana ai firmatari dell’appello “Vogliamo studiare”, che alla Statale di Milano sono stati minacciati e contestai dai collettivi, tra cui “Cambiare rotta”, a suon di “fuori i sionisti dall’università”. Questo perché tra gli aderenti all’appello c’erano anche associazioni come l’Unione dei giovani ebrei d’Italia (Ugei) e “Studenti per Israele”, da mesi impegnati a cercare di riequilibrare la narrazione a senso unico su Gaza e quel che accade in medio oriente.

 

Come ha spiegato l’estensore del manifesto per il diritto allo studio, Pietro Balzano, che non aderisce a nessuna organizzazione politica studentesca, “da tempo viene contestato chiunque non sia in linea con chi non sia il linea con il pensiero di chi alza la voce. Lo sono stato anch’io e solo perché ho idee moderate: sono stato anche minacciato per strada”. Un climax che è il risultato di una campagna d’odio che è andata accrescendosi sin dall’immediato 7 ottobre. 

 

All’Università di Torino, uno degli epicentri di questa specie di Intifada studentesca, invece, una giovane studentessa è stata aggredita e insultata solo perché contraria alle potenziali occupazioni in programma nelle diverse sedi dell’ateneo. “All’uscita dall’università sono stata aggredita: un ragazzo si è avvicinato e mi ha strappato la collanina urlandomi ‘sionista’”, ha spiegato Sara Marovelli, 23 anni, coordinatrice dell’associazione universitaria Rum Torino. Un’intimidazione che rappresenta un completo cortocircuito, visto che la stessa Marovelli ha spiegato di aver sempre sostenuto posizioni filopalestinesi. Semplicemente, non voleva che il suo campus tornasse a essere un accampamento di tende che spesso finisce per ostacolare il normale svolgimento del calendario universitario. “Fa capire il livello di squadrismo e violenza a cui questi soggetti pro Pal stanno arrivando contro chiunque dissenta anche solo sulle modalità della protesta”, dice al Foglio Fausto Recuperato, che è tra i coordinatori di “Studenti per Israele”.

 

Ma dove non si manifestano gli insulti e le minacce vere e proprie, interviene una forma più subdola di lassismo: il disinteresse delle istituzioni universitarie, che fanno di tutto per smarcarsi dall’accusa di “sionismo”. E’ successo, per esempio, all’Università di Firenze, che ha voluto dissociarsi ufficialmente da un evento tenuto nella  sede locale della Tel Aviv University. Lunedì 3 e martedì 4 febbraio l’ateneo israeliano ha organizzato un convegno dal titolo “L’antisemitismo, la Shoah e l’identità ebraica oggi”. Tanto è bastato perché in città montasse la protesta del movimento Giovani palestinesi. Risultato? L’Università degli studi di Firenze ha reso noto di “non aver collaborato in alcun modo all’iniziativa e di non aver autorizzato l’utilizzo del proprio logo” anche se “all’evento parteciperà una docente, a titolo personale, nell’ambito della sua attività di ricerca”. L’ateneo fiorentino in aggiunto ha ribadito “con fermezza il proprio impegno verso il dialogo quale strumento indispensabile per il confronto e la crescita e condanna ogni posizione che ostacola il cammino verso una pace autentica e duratura”. Quasi a volersi levare dall’imbarazzo per essere stati anche solo accostati a Israele.

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  • Pugliese, ha iniziato facendo vari stage in radio (prima a Controradio Firenze, poi a Radio Rai). Dopo aver studiato alla scuola di giornalismo della Luiss è arrivato al Foglio nel 2019. Si occupa di politica. Scrive anche di tennis, quando capita.