
(foto LaPresse)
il colloquio
Il prof. Ugo Volli: “L'università di Torino vìola diritti e libertà. Intervenga la magistratura. E il Mur”
Il semiologo, per decenni docente nell'ateneo torinese: "Serve mettere in discussione il principio medievale per cui le forze dell’ordine possono intervenire nelle università solo quando lo richiedono i vertici universitari. Da rettore e sindaco forma di complicità con i violenti"
“Quello che è successo all’Università di Torino è una forma gravissima di censura. Il segnale che oramai all’interno dell’ateneo si è persa qualsiasi libertà accademica. Ed è ancora più grave perché l’evento non era pro Israele, ma per il diritto allo studio. Serve mettere in discussione il principio medievale per cui le forze dell’ordine possono intervenire nelle università solo quando lo richiedono i rettori”. Il filosofo e semiologo Ugo Volli parla dell’Università in cui ha insegnato per decenni. E che ora, dall’esterno, osserva con un misto di sdegno e preoccupazione. Martedì alle associazioni che sostengono il Manifesto per il diritto allo studio è stato impedito di parlare, all’interno del Campus Einaudi. Sebbene la loro autorizzazione fosse stata concessa e formalizzata da quasi un mese. A “Studenti per Israele” e alle altre associazioni l’università a preferito i collettivi pro Pal, che non avevano un’autorizzazione e hanno manifestato perché l’evento non avesse luogo. “Esiste oramai questa tendenza quasi irreversibile a impedire ogni forma di dissenso. A censurare ogni cosa non corrisponda a questa ideologia sfoggiata da gruppi minoritari ed estremisti, che peraltro alle elezioni studentesche sono davvero poco rappresentativi e prendono solo pochi voti”, analizza Volli col Foglio. Non sono immagini nuove, anzi. Dal 7 ottobre in poi se n’è avuta un’evidenza sempre maggiore. “Oramai esiste una rete stabile negli atenei di tutta Italia coordinata per impedire qualunque evento che non segua la vulgata anti-israeliana e antisemita”, dice ancora il semiologo. “L’abbiamo visto nei casi degli eventi a cui avrebbero dovuto partecipare i giornalisti Maurizio Molinari e David Parenzo. Ma anche nello stesso evento sul diritto allo studio alla Statale di Milano. Gli organizzatori l’hanno potuto tenere solo scortati dalla Digos. Per questo io credo che ci debba essere molta più reattività da parte delle istituzioni e delle stesse forze dell’ordine per impedire che la violenza abbia luogo e che si riesca a mantenere l’ordine pubblico. Questo perché dobbiamo ricordarci sempre che le università sono un luogo pubblico”.
La conversazione col professor Volli verte soprattutto sul caso specifico di Torino, uno dei contesti universitari in cui i collettivi pro Pal hanno avuto maggior spazio di manovra nell’imporre i propri desiderata, nel corso dell’ultimo anno e mezzo. “Il caso di Torino è molto più grave degli altri perché tira in ballo una complicità delle autorità accademiche e cittadine”, ragiona Volli. “Il sindaco ha tenuto in vita un’associazione come Askatasuna, che ha sede in uno spazio pubblico che il comune non rivendica. Ma il rettore Stefano Geuna, per fortuna arrivato a scadenza di mandato, ha fatto molto peggio: ha tollerato gli imbrattamenti, le occupazioni, la presenza violenta di gruppi eversivi all’interno del Senato accademico che hanno portato all’accoglimento di richieste di boicottaggio nei confronti delle università israeliane. Si può dire senza timore di smentita che oramai l’Università di Torino è un luogo dove i diritti e la libertà non sono affatto tutelati”. Secondo Volli, peraltro, l’ateneo torinese deve la sua ambiguità a una specie di tradizione storica. “Non c’è soltanto il rettore. Un certo ceto intellettuale torinese è come se avesse sempre coltivato forme di ambiguità e tolleranza verso la violenza. Un atteggiamento che affonda nell’epoca del terrorismo degli anni 70. Io credo poi che in molti preferiscano non avere seccature. E che così si finisca per dare un sacco di spazio ai cosiddetti cattivi maestri che popolano le cattedre dell’ateneo”.
La situazione è talmente preoccupante che la deriva dell’ateneo torinese dovrebbe portare, secondo Volli, a reazioni drastiche. Con l’obiettivo di ristabilire un minimo di credibilità accademica, scalfita da quanto visto nel corso degli ultimi mesi. “Io credo che a questo punto ci sia bisogno di un’indagine da parte della magistratura. O come minimo di un’ispezione da parte del ministero dell’Università. Perché immagini come quelle cui abbiamo assistito l’altro giorno, con dei ragazzi che vogliono poter parlare di diritto allo studio e si vedono nella pratica negare proprio questo diritto, richiedono un intervento rapido”.